La Provincia di Trento blocca gli shopping center – futuri – a partire dai 10.000 mq. Il provvedimento, già deciso dalla Giunta in maggio, diventa così operativo.
Spiega, in un comunicato, il vicepresidente provinciale, nonché assessore allo sviluppo economico e lavoro, e primo artefice della norma, Alessandro Olivi (Partito democratico del Trentino): «Raccogliamo con grande soddisfazione il sostegno espresso dalle categorie interessate che suggella una riforma, prima in Italia, che si propone di rinnovare il metodo di programmazione degli insediamenti commerciali sul territorio, all'insegna della qualità e alla valorizzazione delle nostre vocazioni di area alpina.
"A 50 anni dall'approvazione del primo Pup (Piano urbanistico provinciale), e anche questa mi pare una coincidenza significativa, il Trentino - continua Olivi - si conferma un laboratorio di buone prassi. Questa decisione sottrae le dinamiche commerciali alle pressioni meramente immobiliari, permette una più razionale distribuzione delle superfici sul territorio e favorisce in prospettiva un consistente risparmio di suolo. Il Trentino respinge l'omologazione tout court ai grandi formati».
Difficile dare un giudizio, perché se da un lato, il legislatore locale limita la libertà di impresa, dall’altro ha ottimi motivi per farlo, arginando uno sviluppo che, come riporta Corinna de Cesare sul ‘Corriere della Sera del 23 settembre, ha comportato, sommando tutte le iniziative immobiliari, a una crescita dell’urbanizzazione anomala: +190% dal 1960 al 2004, un dato che non corrisponde affatto allo sviluppo della popolazione (+20%).
Del resto i grandi shopping center piacciono ancora? È sempre il quotidiano milanese a spiegare che alcuni analisti Usa ritengono che, nel proprio Paese, sono destinati alla chiusura ben 400 mall. E i grandi spazi americani, non si possono certo paragonare al modesto 13% edificabile della Provincia di Trento, occupata, per l’87% da montagne, rocce, boschi e pascoli.