Le discussioni sul trend dei consumi e sulle azioni da mettere in atto per rilanciarli animano sempre più spesso i dibattiti dei commentatori economici. Per affrontare in modo serio e approfondito l’argomento, non si può prescindere da un’attenta analisi di quanto sta avvenendo nei settori “distribuzione” e “industria”. Va ricordato che le due realtà, in tema di trend del consumo, giocano (se così si può dire) la stessa partita ma con ruoli e squadre diverse.

Negli ultimi 10 anni l’industria si è concentrata sul contenimento dei costi del prodotto per resistere alla pressione sui prezzi, che si è generata sui posizionamenti di prezzo medi e medio bassi, cercando di ottenere un ritorno sui volumi di vendita. Tralasciando la ricerca dell’efficienza ed il miglioramento dell’efficacia delle strutture di marketing e vendite. A causa della pressione della competizione e delle relazioni con i grandi clienti, ha subito un minor rendimento delle promozioni trade. L’industria ha dovuto sostenere ingenti costi per il lancio di molti nuovi prodotti, che però hanno registrato un’elevata percentuale di insuccessi. Tutto ciò si è tradotto in una riduzione degli investimenti pubblicitari sui media, per compensare il calo dei fatturati e sostenere i costi di una innovazione non efficace.

Contemporaneamente la distribuzione ha faticato a riconvertire il canale Iper dove si sono concentrati costi alti e fatturati in calo. Una situazione che è stata favorita, tra l’altro, da grandissimi punti vendita specializzati (category killer) e dai costi della mobilità sul territorio. La GDO ha iniziato a specializzarsi su singoli canali (hard discount, iper, supermercato, ecc.) e, sotto la pressione della competizione, ha inflazionato la leva promozionale rendendola sempre meno efficace e più costosa. A differenza di quanto fatto dal settore industriale, la GDO ha incrementato gli investimenti sui media, puntando sull’insegna e le sue peculiarità.

L’effetto combinato delle azioni messe in atto da industria e distribuzione ha prodotto degli effetti molto interessanti e per certi versi positivi. Dopo diversi anni di cali, i consumi sembrano essersi stabilizzati e alcune categorie mostrano trend positivi ma con mix profondamente diversi rispetto a 10 anni fa (tra canali distributivi, tra la marca dell'industria e la marca del distributore, tra il cuore del mercato tanto battagliato sui prezzi e la fascia premium di qualità).

Nella GDO è cresciuto l'indice di fedeltà all'insegna del distributore mentre dal punto di vista dell’industria è calato l'indice di fedeltà alla marca, anche alla luce del differente trend sulla pianificazione media. Il boom di Internet e dei canali social hanno consentito lo sviluppo di relazioni molto più' intime con i consumatori, fornendo informazioni e conoscenze sui bisogni fino a qualche anno fa inimmaginabili.

Sul mercato, inoltre, si sta assistendo a un consolidamento delle marche dei distributori che mettono le nicchie di valore e di tradizione sotto lo stesso brand (es° Sapori e dintorni, Terre d'Italia, Fiorfiore, Top, Il Viaggiatore Goloso, ecc.).
Risulta sempre meno efficiente e sempre più costoso l’utilizzo della leva promozionale legata al solo prezzo. Si tratta di un circuito vizioso da cui non si riesce ad uscire senza troppi rischi e purtroppo questa situazione impatta negativamente sui conti economici e sul reale valore percepito delle marche.

Se questo è lo stato dell’arte, un esercizio utile è immaginare azioni che possano aiutare l'industria e la distribuzione a recuperare efficienza e quote di mercato.

Visto che le nicchie che non generano valore sono un grande ostacolo al rilancio dei consumi, andrebbe alleggerito il portafoglio prodotti e punti vendita. Non è un’azione facile e andrebbe fatta con gradualità ma è sicuro che chi prima inizia avrà un vero vantaggio competitivo.

Un altro importante aspetto da risolvere è quello dell’innovazione di prodotto, che ha un peso rilevante sui conti economici e spesso ai limiti della sostenibilità. Basti pensare che l'85% dei prodotti lanciati sopravvive due anni. L’industria può e deve accettare questa sfida, visto che ci sono delle nicchie di valore che potenzialmente potrebbero diventare marca con volumi sostenibili.

Nel settore della distribuzione, per decongestionare la leva promozionale, si dovrebbe lavorare all’innovazione del formato distributivo e dei servizi a esso legati (orari, velocizzazione della spesa, profilazione degli assortimenti rispetto al bacino d'utenza,esperienza di acquisto per il consumatore ecc.). I consumatori potrebbero, così, recuperare la percezione del valore reale del prodotto e della marca. Le risorse recuperate innovando sui formati potrebbe essere reinvestito per tagliare le promo inefficienti.

La gestione delle diverse categorie merceologiche (category management) dovrebbe tornare al centro del rapporto con i consumatori ed essere eseguita in modo più ‘disciplinato’ per evitare alcune inefficienze. Spesso in categorie importanti, a fronte di volumi che calano, si registrano incrementi negli assortimenti mentre in altre, a fronte di pesanti svalorizzazioni, si assiste a un aumento della pressione promozionale.

Chi in futuro non affronterà con decisione questi nodi, correrà molti più rischi rispetto a 10 anni fa.


Antonio Posa, senior partner BKey Consulting www.bkeyconsulting.it