Mentre il prossimo Vinitaly si avvicina a passi rapidi – l’appuntamento è a Verona dal 6 al 9 aprile – il settore fa i conti del 2013.

L’anno trascorso è stato il sesto di crisi economica, gli italiani hanno bevuto meno vino in quantità, cercando contemporaneamente sia la qualità che il risparmio. Si sono orientati sulle bottiglie “doc” e hanno iniziato ad apprezzare il vino biologico, ma si sono spostati anche su formati meno costosi come quello del vino da tavola e sul vino con la marca del distributore.
I vini bianchi crescono più dei rossi e i frizzanti vanno meglio dei fermi; spumante italiano e prosecco sono sempre più acquistati. Questo il quadro che emerge dalla ricerca svolta da Iri per la prossima rassegna fieristica e riguardante le vendite in super e ipermercati, che da soli incidono per il 63% sugli acquisti dei nostri connazionali.

La grande distribuzione ha venduto, nel 2013, 517 milioni di litri di vino confezionato per un valore di 1 miliardo e mezzo di euro, con una sensibile flessione in volume del 6,5% rispetto all’anno precedente (nel 2012 era stata del 3,6%), certamente condizionata dal vistoso aumento dei prezzi: + 10,2% al litro, tanto che le vendite in valore fanno segnare un + 3,1%.

Il formato preferito nel 2013 rimane quello delle bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg e Igt) che ha fatto registrare, sempre nei dodici mesi, un volume di oltre 213 milioni di litri, per un valore di quasi 1 miliardo di euro. Questo formato ha subito nel 2013 una flessione del 3,2%, calo sostanzioso, ma pur sempre minore del - 3,5% del 2012, risultato più apprezzabile se si considera l’aumento di prezzo del 5,6% in un anno, che ha portato la media della bottiglia a scaffale a 4,5 euro.
Presenta invece un drastico calo è il vino in brik, le cui vendite scendono nel 2013 del 9,4%, influenzate da un aumento di prezzo del 20,5%. Resiste il tradizionale vino da tavola in bottiglia da 75 cl, sostanzialmente stabile con una lieve flessione a volume dello 0,3%, che diviene il formato più dinamico.
La marca privata, dal canto suo, nel solo comparto delle bottiglie da 75, vende quasi 16 milioni di litri e tiene le posizioni.

“Negli ultimi mesi del 2013 abbiamo assistito a un rallentamento nel calo delle vendite – spiega Virgilio Romano, client service director Iri -  che ci fa ben sperare per l’anno in corso. Nel 2013 abbiamo scontato anche una delle vendemmie meno generose degli ultimi anni (quella del 2012) che ha causato un aumento dei prezzi. Questo, riversato sul prodotto, ha notevolmente rallentato gli acquisti. Inoltre sta cambiando il comportamento dei consumatori: non hanno un atteggiamento passivo e, di fronte alle variazioni nei prezzi, cercano di mantenere il proprio carrello della spesa sui livelli dell’anno precedente, attraverso scelte sempre più attente e oculate”.

Alberto Miraglia, direttore marketing di Auchan, fornisce ulteriori indicazioni: “Di fronte alla crisi, le imprese della grande distribuzione hanno incrementato la leva promozionale, fino al 51,3% registrato nel 2013 sulle bottiglie doc; ma oltre non si può andare perché i margini sono già troppo erosi. Cercheremo quindi di diversificare, puntando ancor di più sulla marca del distributore, dando attenzione a produzioni come quella del vino biologico e sviluppando ulteriormente la presenza di piccoli produttori legati al territorio”.

Comunque, nonostante sconti e promo, il quadro è quello di sempre, di un mercato che si assottiglia, anche se si concentra su due fasce – quella premium e quella di prezzo -, con l’aggravante di prezzi molto in tensione. Non troppo positivo, insomma, anche se poi si possono fare tutti i distinguo del caso.

Dove invece è andata decisamente meglio è nelle nazioni oltre confine, come spiega l’indagine di Ismea sugli scambi commerciali, anche se le logiche sono quasi identiche a quelle vigenti sui nostri scaffali. “Si chiude un altro anno record per le cantine italiane, che nel 2013 hanno messo a segno un +7% degli introiti provenienti dalle vendite oltre frontiera, realizzando un fatturato di oltre 5 miliardi di euro – si legge -. Non altrettanto positiva la dinamica delle esportazioni in termini quantitativi, che ha subito una battuta d’arresto del 4%. I volumi spediti oltre i confini nazionali si sono attestati comunque sopra i 20 milioni di ettolitri, confermando ancora una volta il ruolo di traino della domanda estera, che assorbe quasi il 50% della produzione vinicola nazionale”.

Anche qui l’incremento del fatturato è legato all’aumento dei prezzi alla produzione registrato all’inizio della campagna produttiva 2012-2013. Rincari che sono andati progressivamente esaurendosi nel corso del 2013, fino a riportare nell’ultimo quarto dell’anno il prezzo del vino su livelli decisamente inferiori all’anno precedente.

Quasi tutte le tipologie hanno subito una flessione dei quantitativi esportati accanto una progressione dei corrispettivi monetari, dicotomia particolarmente evidente nel caso dei vini sfusi (+11% in valore, ma -12% in quantità).

Unica voce fuori dal coro gli spumanti, che hanno ottenuto, oltre all’aumento dell’export in valore (+18%), anche un’eccellente performance in termini quantitativi (+13%). In questo segmento a trainare la domanda estera è stata la voce “altri spumanti Dop” (che comprende il Prosecco), con incrementi in volume e in valore di circa il 27%.  Tra i principali mercati di destinazione delle bollicine italiane, spicca il Regno Unito che, con un balzo in avanti del 40% degli ordinativi, diviene il primo acquirente sotto l’aspetto quantitativo. Gli Usa mantengono invece il primato tra i big spender con un incremento della domanda del 13% e della relativa spesa del 18%. La Germania, attualmente terzo cliente per importanza sempre parlando di bollicine, ha invece ridotto del 16% le proprie richieste, a fronte di una domanda russa molto dinamica (+29% in quantità, +53% in valore). Cresce, infine, anche l’apprezzamento nei mercati scandinavi e nei paesi Baltici.

 

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