Blocco delle vendite al dettaglio in giugno, ma un dato tendenziale, su giugno 2013, del -2,6%. Il tutto nel primo mese di comparsa in busta paga degli 80 euro governativi. Questa la summa della nota Istat che in settimana ha colpito tutti come una doccia fredda, fredda quanto annunciata.

Il food perde il 2,4%, sempre tendenziale, mentre il non-food ripiega del 2,8%. Qualcosa di meglio ci si potrebbe aspettare dai conti di luglio. Il mal tempo ha indotto molti a rifugiarsi nei negozi, specie nei centri commerciali, anche se, considerata la diserzione in massa dalle vacanze, sono venuti meno parecchi altri consumi. Secondo Codacons, infatti, tra giugno e agosto, soltanto il 50% dei nostri connazionali si è regalato una vacanza, con una perdita, per il turismo di 1,5 miliardi di euro e una perdita di 50.000 posti di lavoro stagionali.

“Giugno registra un ulteriore pesante segno meno nella dinamica delle vendite al dettaglio – commenta Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – con cali nelle vendite per tutte le formule distributive a eccezione di un debole incremento dei discount. A completare il quadro difficile dei consumi, l'Istat ha reso noto anche l'ulteriore calo dell'indice di fiducia dei consumatori che ad agosto arretra a 101,9 da 104,4.

“Una situazione di grave sofferenza per il commercio – continua il presidente– che al momento non vede soluzione. I dati di giugno testimoniano inoltre come il bonus di 80 euro in busta paga, erogato alla fine di maggio, al momento non ha portato ancora risultati apprezzabili in termini di ripresa delle vendite, complice il potere d'acquisto pesantemente eroso dalla crisi economica e la forte incertezza fiscale che pesa sulle famiglie italiane.

“Continuiamo a sostenere che il bonus degli 80 euro sia un provvedimento utile per rilanciare la domanda interna e che i risultati saranno apprezzati sul lungo periodo, ma crediamo che questo non sia sufficiente per uno strutturale rilancio dei consumi.

Il Paese ha bisogno di liberalizzare quei comparti economici ancora ingessati e che rappresentano un deterrente per gli investimenti e la nascita di nuove imprese, di rendere più rapidi, chiari e fluidi gli adempimenti fiscali per famiglie e aziende, di alleggerire il peso della burocrazia e del cuneo fiscale, in modo da favorire gli investimenti e lo sviluppo”.

I famosi 80 euro – riservati peraltro a una parte limitata della popolazione – sembrano, però, più che altro l’ennesima pagliacciata, quando si vanno a contare le spese che attendono le famiglie italiane fra settembre e novembre.

I dati dell’Osservatorio nazionale Federconsumatori (Onf) calcolano la “stangata” autunnale in una somma, che, fra spese obbligate e tasse, fa 1.912,37 euro a famiglia, così ripartiti: 779,25 euro per la scuola, 231 euro per la Tasi, 460,77 euro per le bollette di acqua, luce, gas e telefono, 156,35 euro per la seconda rata della Tari, 285 euro di riscaldamento.

E dove ci sono figli che frequentano il tempo pieno, a tali voci si aggiunge anche la mensa scolastica, per un totale di circa 205,50 Euro nel trimestre.


Per non parlare, inoltre, di chi ha un figlio all'università, che dovrà sostenere anche la prima rata delle tasse, per un importo medio di 326 euro.


Una spesa che impatta su un potere di acquisto ai minimi storici, calato di oltre il 13,4% dal 2008 a oggi.


I prezzi flettono è vero, ma anche qui c’è poco da stare allegri: “La deflazione è la fotografia di un Paese in grandissima crisi – spiegano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef -. Si tratta di un segnale evidente della profonda difficoltà e del drammatico disagio vissuto dalle famiglie. La contrazione dei consumi nell'ultimo triennio ha raggiunto livelli impressionanti, toccando il -10,7%. Una percentuale che equivale a un calo della spesa delle famiglie di 77,6 miliardi di euro”.

Elementi positivi? Qualcuno ce n’è per fortuna, specie sul versante dell’occupazione. Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori – in una nota diffusa venerdì 29 agosto, sottolinea che nel secondo trimestre del 2014 gli avviamenti di rapporti di lavoro crescono del 3,1% su base annua. Particolarmente marcato l’aumento del ricorso all’apprendistato (+ 16,1) e, per la prima volta, dopo due anni salgono i contratti a tempo indeterminato (+ 1,4%).

Si segnala, in proposito – scrive l’Istituto - che la nuova disciplina del contratto a tempo determinato, in ordine soprattutto all'estensione del regime a-causale fino a 36 mesi, non ha provocato uno spiazzamento nei confronti dei contratti permanenti, che registrano al contrario, come accennato, un aumento rilevante in termini percentuali.

L'inversione di tendenza del tempo indeterminato (+12.000 nuovi contratti, al netto dei fattori di stagionalità, rispetto al trimestre precedente) risulta quasi interamente concentrato nella classe di età compresa fra 30 e 44 anni (+6.000 nuovi contratti) e nella classe di età successiva, da 45 anni in poi, (+4.000 nuovi contratti).

In settimana la presentazione del nuovo osservatorio Coop, prevista per mercoledì 3 settembre, potrebbe dare qualche ulteriore elemento di ottimismo, almeno prospettico: è un augurio, non una certezza o un’anticipazione.