Il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, lo aveva annunciato già via Twitter durante il Cdm di venerdì 20 febbraio: “La vendita dei farmaci di fascia C rimane in farmacia. Vittoria dei pazienti, soprattutto degli anziani".  

E così è stato. Le circa 4.000 specialità prescrivibili, ma, secondo la legge, non indispensabili, coinvolte dal Dl concorrenza, restano appannaggio del farmacista (tra questi molti antinfiammatori, parecchi ansiolitici e anticoncezionali). Non cambia nulla anche per i criteri di assegnazione delle nuove licenze, visto che rimane in vita il criterio del “numero massimo”.

Un passo verso la modernizzazione è invece la cancellazione del limite delle 4 licenze al medesimo soggetto e la possibilità di ingresso nel settore, come titolari, delle società di capitali: in teoria, ma anche in pratica, specie di grandi catene, anche se il direttore dovrà comunque essere un farmacista.

La mancata liberalizzazione ha suscitato, inutile dirlo, pareri opposti. Per il Ministro Lorenzin si è scongiurato soprattutto il rischio di un eventuale abuso di medicinali, dell’aumento esponenziale della spesa sanitaria e del tramonto della cosiddetta “farmacia dei servizi”.

Concorda Federfarma, l’associazione dei titolari: “Apprezziamo che, nella discussione del Cdm, il Governo abbia fatto prevalere le ragioni sanitarie e ringraziamo in particolare il Ministro Lorenzin per l’impegno a tutela della salute di tutta la popolazione”, afferma in una nota il presidente, Annarosa Racca. Racca ribadisce che la vendita di farmaci con ricetta fuori farmacia avrebbe contribuito tra l’altro ad aumentare il rischio di malattie iatrogene, molto diffuse nei Paesi dove la distribuzione non è controllata come in Italia.

Tutto vero? No, almeno secondo le maggiori associazioni di consumatori. In una nota Federconsumatori afferma che lo stralcio dei farmaci di fascia C è una delle delusioni di questa legge (le altre sono l’energia e le assicurazioni). “Non significa essere dalla parte dei cittadini, bensì degli interessi della lobby delle farmacie. Non abbiamo mai creduto alla favola di un possibile ‘abuso’, poiché significherebbe innanzitutto pensare ai nostri cittadini come dei disabili di cognizione e consapevolezza, che si farebbero prendere da una voglia incontrastata di acquisto, convinti dagli scaffali rutilanti di un supermercato.

“Non dimentichiamo che nelle parafarmacie e nei corner all'interno dei supermercati – prosegue la Federazione - vi sono, per legge, dei professionisti in grado di consigliare e informare i cittadini sull'utilizzo dei prodotti da acquistare”.

Rafforza i concetti, il segretario generale di Ancd Conad - Associazione nazionale cooperative tra dettaglianti, Sergio Imolesi: “Il Ministro della Salute valuta il Dl liberalizzazioni come una vittoria per i cittadini, soprattutto per quelli anziani. Vorremmo che spiegasse, dati alla mano, in cosa consista tale vittoria. Perché dovrebbe sapere bene che i cittadini sborseranno per i farmaci da banco di più rispetto a quanto le parafarmacie sono riuscite a fare pagare in questi anni. Non è, dunque, una vittoria dei cittadini: ancora una volta hanno vinto i farmacisti, che possono così mantenere i loro privilegi di casta ed economici”.

Aggiungiamo che anche i generici hanno subìto un’amara sconfitta sulla via di un possibile snellimento dell’iter commerciale: “L’assenza, dal testo in discussione nel Cdm, dell’abrogazione del patent linkage testimonia che il Governo, nonostante gli annunci, non ha ben chiaro quali siano gli ostacoli da rimuovere per rendere effettivamente competitivo il settore del farmaco - dice il presidente di AssoGenerici, Enrique Häusermann -. Una misura – prosegue – che da sempre ha permesso pratiche dilatorie a tutto danno dei produttori di generici ma anche del Servizio sanitario e dei cittadini” (il patent linkage è la disposizione che, nell’ordinamento italiano, vincola l’ammissione alla rimborsabilità dei farmaci equivalenti alla data di scadenza del brevetto). “Per effetto di questa disposizione, i nostri medicinali finiscono con l’entrare in commercio con mesi di ritardo, quando sono in atto contenziosi di natura legale sulla validità della privativa industriale, il che si traduce in mancato risparmio per il Ssn”.

Ma esiste di fatto un vero risparmio per la collettività?

L’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori – ne è convinto e sostiene che la liberalizzazione dei 4.000 prodotti di fascia C, se condotta a compimento, avrebbe generato economie di circa 42 euro annui a famiglia.

Concorda, almeno implicitamente, Cgia Mestre quando - pur sottolineando che in passato moltissime liberalizzazioni hanno in realtà condotto da un monopolio pubblico poco o male funzionante, ad avide oligarchie private - salva telefonia e farmaci dalla propria valutazione negativa.