Con una partnership da 15 milioni di euro, 100.000 biglietti già venduti attraverso la rete dei punti di vendita del leader della Gdo, che arriveranno a 700.000 a fine rassegna, parte la maxi intesa tra Coop ed Expo per il Future Food District, che sarà visitato, secondo le previsioni più aggiornate, da circa 30.000 persone al giorno. Ben 6.500 mq, nati da un'azzeccata collaborazione con MIT Senseable City Lab e Studio Carlo Ratti Associati.  

Padiglione del futuro reale, ma anche del futuro possibile. Infatti, all’interno del FFD, troveranno posto sia un punto di vendita di 2.500 mq, sia una Exhibition Area, 250 mq, che permetterà di lanciare lo sguardo su quello che mangeremo oltre l’anno 2050, data del posizionamento temporale del super.

Ma andiamo con ordine. Il superstore, nel quale lavoreranno 40 addetti di Coop Lombardia, è sviluppato su due livelli e realizzato con una serie di tecnologie che, per quanto costose, sono già oggi disponibili. I visitatori entreranno in un vestibolo, dove potranno prendere coscienza di essere in un supermercato Coop ed effettueranno un viaggio nel tempo, dal primo negozio cooperativo nazionale, datato 1854, ai giorni nostri. Con lo stesso sistema si potrà visualizzare l’evoluzione del mercato, dal Medioevo al prossimo futuro.

Arrivando al piano superiore si troverà un mezzanino di passaggio, animato da informazioni e da un presidio di soci Coop. Anche qui un'infografica a parete permetterà di ripercorrere alcune tappe significative della storia di un movimento, quello cooperativo, che ha oltre 160 anni di vita.

Al piano superiore ci si immerge nella vera e propria superficie di vendita: più di 1.500 prodotti, su una struttura a gradoni, disposti su tavoli che seguono un ordine che va dalle materie prime - frutta, grano, latte -, ai beni via via più elaborati, valorizzando il patrimonio italiano.

Cinque le filiere: latte e derivati, the, caffè e cacao, cereali e birra, carne e pesce, ortofrutta e vino. Per fare un esempio: si parte dalla farina, passando per la pasta e i biscotti, fino alla birra.

E in un momento in cui ci si interroga ancora se valga o meno la pena di indicare sugli imballaggi lo stabilimento produttivo, il popolo di Expo, solo sfiorando i diversi alimenti, potrà ottenere informazioni aumentate, quelle stesse informazioni che oggi o non sono disponibili, o lo sono solo parzialmente in rete ma che, in ogni modo, non riescono a stare in un'etichetta tradizionale. Attraverso queste “etichette aumentate” il prodotto è in grado di raccontare se stesso, le sue proprietà, la sua storia, il suo tragitto.

Per finire uno spazio libreria, a cura di Librerie Coop e Bookrepublic, con circa 5.000 titoli cartacei a rotazione e la migliore offerta di volumi dedicati alla cultura del cibo.  Funzioneranno uno schermo touch e un video wall, dove interagire con le opere, leggerne l’anteprima, acquistare, condividere gli argomenti, esplorare contenuti correlati.

“Il progetto originario datato 2013, chiamato GeoCoop, si basava sull’esperienza diretta di un gruppo di giovani dipendenti che hanno enfatizzato valori quali la trasparenza e la genuinità, indispensabili per un atto di acquisto consapevole, necessario oggi, ma ancora di più domani. Valori che noi riteniamo essere sempre più condivisi - racconta Marco Pedroni, presidente di Coop Italia (guarda anche l'intervista video nella rubrica TGdo )-. Quello che si visiterà non sarà dunque un padiglione ipertecnologico, dove la tecnologia è fine a se stessa.

“A noi di Coop interessava andare in una direzione opposta, dove la tecnologia è al servizio dell'uomo. Nel supermercato – ribadisce Pedroni - le vie delle filiere comunicheranno a colpo d’occhio informazioni sul processo di lavorazione: partendo dai freschi e freschissimi, verso i beni a elevato contenuto di trasformazione”.

A essere coinvolte, in un assortimento che guarda al presente (l’esperienza di acquisto è reale, non simulata), sono 90 imprese - dalla multinazionale al piccolissimo produttore - che hanno condiviso la missione originaria di Coop: raccontare dalle origini la storia dei prodotti.

Questa concretezza non impedisce che il Future Food District ospiti anche prefigurazioni di ciò che mangeremo. L’Exhibition Area dedica uno spazio, in collaborazione con la Società Umanitaria di Milano, dove si vedranno i primi prodotti commestibili derivanti dalle oltre 1.900 specie di insetti di cui si cibano già oggi circa 2 miliardi di persone; inoltre nella piazza ci saranno prototipi e installazioni, volti a esplorare alcune tecnologie avanzate in materia di agricoltura urbana e produzione di cibo ed energia.

Suggestioni? Non tanto, visto che, in uno dei molti scenari, è illustrato quello che succederà davanti alla progressiva sovrappopolazione del Pianeta, un Pianeta dove gli ettari di terra coltivabile caleranno, a fronte di un aumento esponenziale degli abitanti, con conseguente ed enorme crescita della richiesta di adeguate produzioni alimentari.

Le soluzioni potranno essere, per esempio, le "fattorie del mare" ovvero strutture galleggianti in grado di produrre alimenti, oppure, come già detto, larve, vermi e altri insetti, animali a sangue freddo in grado di produrre molte proteine consumando poca energia. Un vero serbatoio di fibre, acidi grassi, oligoelementi, ottenuti con un grado di tecnologia semplice e poco costoso, tanto da essere applicabile anche nei Paesi più poveri del mondo.