Oleificio Zucchi, realtà italiana presente da due secoli nel settore oleario, specialista nella fornitura di marche private e nella produzione di oli di oliva e di semi a marchio proprio, ha come obiettivo principale per il 2013 quello di incrementare la quantità di prodotto destinato all’Export, in particolare della gamma oliva. Abbiamo chiesto all’amministratore delegato Giovanni Zucchi, di raccontarci un po’ di novità relative all’azienda



Come si è chiuso il 2012 per Oleificio Zucchi?In generale quanto ha inciso la crisi economica sulle aziende del vostro settore?
L’azienda è organizzata in due divisioni, una rivolta alla commercializzazione dell’olio sfuso destinato all’industria alimentare e l’altra dedicata alla commercializzazione del prodotto confezionato sia oliva sia semi, suddivise in maniera quasi paritetica in termini di fatturato di vendita. Considerando il panorama generale possiamo dire di aver chiuso l’anno positivamente con un incremento rispetto al 2011 di circa il 6% a volumi e circa 12% a valore. Questo sforzo ha senza dubbio avuto un impatto sulla redditività. È stato un anno difficile per diverse ragioni, quali le condizioni di mercato, l’oscillazione del prezzo delle materie prime, la contrazione generale dei consumi e l’aumento della pressione promozionale. In particolare l’anno di riferimento rispetto al precedente ha visto quasi raddoppiare i volumi delle referenze del mondo dell’oliva, mentre ha mantenuto una certa stabilità per il mondo dei semi. Obiettivo del 2013 sarà quello di incrementare ancora di più la quantità di olio destinato all’Export, in particolare della gamma oliva.



Zucchi è una delle poche realtà italiane del settore con una conduzione familiare ultracentenaria: qual è il segreto della vostra longevità?
Raccontare la storia di una azienda è un’opera di per sé complessa. Sicuramente ciò che ha da sempre caratterizzato la famiglia Zucchi non è stata solo la passione per il lavoro e il profitto, ma il coraggio di guardare sempre più avanti, la caparbietà e l’orgoglio di vedere acquistare la fiducia di clientele sempre più vaste e la forte attenzione alla realtà circostante. Più di 6 generazioni hanno mantenuto questi principi alla base della strategia aziendale. Ambiente, etica, qualità e sicurezza erano la nostra mission anche quando di responsabilità sociale non si parlava. Questa particolare attenzione ci ha consentito di ottenere p.e. dal 2005 al 2012 una riduzione per ogni kg di prodotto pari al 25% di emissioni CO2 equivalente e nel 2012 un livello di infortuni pari a ZERO. Tali risultati sono fattori immateriali di sviluppo economico e sociale, che hanno contraddistinto la crescita e il modificarsi dell’azienda.

In Italia lo scorso anno l’importazione di olio di oliva ha raggiunto il massimo storico, superando anche la produzione nazionale. Ora è entrata finalmente in vigore la legge salva-olio e sono scattati su tutto il territorio nazionale i controlli. Qual è il suo punto di vista?

Premesso che la legge è ad oggi inapplicabile perché l’Unione Europea sta procedendo ad una revisione del Regolamento Europeo e pertanto l’Italia con la pubblicazione della legge sta rischiando un’infrazione, tali controlli non sono mai mancati e coinvolgono almeno sette organismi di controllo diversi, cioè ICQ (Ispettorato Controllo Qualità) e Corpo Forestale legati al Miipaf, NAS (Nucleo antisofisticazioni) e NAC (Nucleo antifrodi) dell’Arma dei Carabinieri, nonché Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane e le ASL. Riguardo alle importazioni, è fondamentale ricordare tre dati. Considerando tutta la gamma oliva (extra, vergine, oliva e sansa) l’Italia ha una necessità di circa 600 mila tonnellate di cui metà per i consumi delle famiglie, metà per la ristorazione e l’industria conserviera/di trasformazione alimentare. Oltre a questo le aziende olearie italiane esportano altre 400 mila tonnellate per un fabbisogno totale di 1 milione di tonnellate. L’agricoltura italiana nel suo complesso offre mediamente, a seconda degli anni, solo 400 mila tonnellate di prodotto. Ecco quindi che diventa necessario importare 600 mila tonnellate di prodotto estero per soddisfare le necessità del nostro Paese. L’accurato lavoro di selezione e di miscelazione (capacità tutta italiana come dimostra p.e. il settore del caffè) consente poi di trasformare la nostra bilancia commerciale con l’export nettamente in positivo.



Come mai la grande distribuzione fa spesso ricorso alla promozionalità relativa all’olio, svendendo di fatto il prodotto?
L’olio è stato, ed è, utilizzato come prodotto “civetta”, perché con un volume ridotto e pertanto con un relativo impatto economico, quando è in promozione genera molta attenzione e quindi traffico sul punto vendita. Questa abitudine è quasi ormai un circolo vizioso, una necessità per far ruotare il prodotto, visto che il consumatore, relativamente poco fedele alla marca, si è abituato a saltare da una promo all’altra. Siamo ormai arrivati oltre il 70% della pressione promozionale, forse la più alta del grocery.



Non teme che un prezzo eccessivamente basso possa essere associato dal consumatore a una qualità troppo scadente, con ripercussioni negative sugli acquisti?
Premesso che non sempre un olio a basso prezzo è sinonimo di scarsa qualità e molto dipende dalle politiche commerciali di industria e distribuzione, senza dubbio il settore avrebbe bisogno di uscire dal circolo vizioso già espresso. Uno dei limiti per costruire valore al prodotto, a differenza di quanto è possibile nel settore vinicolo è l’impossibilità legislativa di descrivere il prodotto, i suoi gusti, i suoi sapori.

Dal punto di vista del marketing mix su quali asset state spingendo? Per il 2013 quali sono le vostre ambizioni?

Oltre a presidiare con forza il settore marca commerciale con il nostro abituale e riconosciuto livello di servizio, proseguiremo nell’investire in modo importante sul Brand, in particolare sul mercato estero. Stiamo rafforzando la nostra proposta e i nostri presidi commerciali con l’impegno e l’obiettivo di incrementare sempre più la qualità, il valore e il posizionamento dei prodotti.


Stefania Lorusso