«Sono un imprenditore non sono un filantropo e come tale cerco le migliori opportunità di business con l’obiettivo di arrivare a coglierle prima degli altri». Il modo in cui Vito Gulli, presidente di Generale Conserve, interpreta e applica il concetto di sostenibilità si distingue per una caratteristica non così comune: la straordinaria concretezza. Dote che si è evidentemente rivelata efficace nella ricerca di un non facile equilibrio tra eticità e risultati aziendali.

Secondo player del mercato
 delle conserve ittiche, con una share del 14 per cento nel tonno sott’olio, Generale Conserve è infatti coleader nella produzione di marche commerciali e leader nella fascia premium con il brand ASDOMAR, presente anche nella fascia medium del mercato. Ha chiuso il 2012 con un fatturato di 151 milioni di euro, + 9,4% verso il 2011 e per il 2013 si stima un incremento del fatturato net net del + 25%, grazie anche al recente ingresso nel portafoglio dell’azienda ligure di Manzotin, seconda marca del mercato della carne in gelatina, acquisita ad aprile di quest’anno.

Cosa significa sostenibilità per Vito Gulli?

Vede, abbiamo recentemente adottato un claim di comunicazione che recita “Qualità e Rispetto”. Questi due valori sono per me un obbligo nei confronti dei consumatori, dei lavoratori, delle istituzioni e delle leggi, del prodotto, del mercato e della concorrenza, oltre che dell’ambiente. Sia per scelta morale sia per fare un sano  profitto. Come dicevo, sono un imprenditore…

Si spieghi meglio.
Nel 2007, quando ancora di finanza pazza non si parlava né tantomeno era così discussa la tendenza alla delocalizzazione e all’esodo produttivo in un paese come il nostro, che è tra i maggiori paesi a vocazione manifatturiera, io già intravedevo quello che sarebbe successo in termini di crisi dei consumi e del sistema economico. Ho iniziato a muovermi subito per prepararmi ad affrontare la situazione nel migliore dei modi.

Quale?

Puntando a fare un prodotto proteico di qualità e a venderlo al prezzo giusto. E per farlo, soprattutto, scommettere su una produzione nazionale in previsione dell’affermazione di un movimento che porterà a consumare sempre più prodotti italiani. Il business in futuro non sarà all’estero ma sul mercato interno. Anche io, ovviamente, sono interessato all’export. Ma ci vuole equilibrio. La delocalizzazione della produzione, specie nel settore alimentare, non ha futuro. Basta un po’ di buon senso per capirlo. Se è un solo imprenditore a farla può essere considerato un genio. Ma se sono migliaia a portare via la produzione dall’Italia si pone un problema, dal momento che se manca il lavoro non si consuma e nessuno quindi si ritrova più un mercato a cui vendere.

Facile a dirsi, meno a farsi. Specie in Italia.

Guardi, il significato di “impresa” per me non è squadra, gruppo o cose simili, come molti la definiscono. Per individuarlo sono partito dal suo contrario, cioè fare “qualcosa di facile”. Ecco, per me impresa significa fare “qualcosa di difficile”. Avremmo potuto continuare a produrre in Portogallo, dove il costo della mano d’opera è sensibilmente inferiore rispetto all’Italia, meno di ¼, invece abbiamo aperto un nuovo stabilimento a Olbia. E senza avere un euro di contributi pubblici.

Ha avuto molto coraggio…

Coraggio e determinazione. Occorre rischiare, che è poi un po’ la caratteristica che distingue ogni vero imprenditore. Ma non con una finalità speculativa, altrimenti si fa mercantaggio, l’esatto contrario di ciò che intendo fare io. Coraggio significa sfidare anche cio’ che a molti pare impossibile. Siamo andati controtendenza anche a livello di prodotto. Non limitandoci a inscatolare il tonno pescato e lavorato altrove, ma lavorandolo da intero. Una scelta molto onerosa in termini di costi di manodopera. Ma questo ci permette di scegliere la qualità del prodotto e vincere il confronto offrendo al Consumatore un vero ed equilibrato “value for money”

Sì, ma nell’immediato?
Noi facciamo la “maializzazione” del tonno. Non ci limitiamo ad inscatolare un semilavorato.
 Lavorando il tonno da intero riusciamo a ottimizzare al massimo la resa: dal tonno premium alla seconda scelta, dalla marca commerciale al primo prezzo, dal prodotto destinato al mercato del petfood fino alla farina di pesce ottenuta dagli scarti di lavorazione. L’elevato costo della mano d’opera lo abbassiamo proprio grazie alla accresciuta produttività e in qualche modo anche grazie all’innovazione e all’ingegno, che è una qualità che caratterizza molti italiani.

Cosa intende dire?
Intendo dire che il nostro è uno degli stabilimenti di lavorazione di prodotti ittici più automatizzati e all’avanguardia d’Europa, soggetto a continui investimenti in nuove tecnologie. Automatizzazione che abbiamo spinto e spingiamo ai massimi livelli dove ritenevamo opportuno e necessario farlo. Ma al tempo stesso preservando in alcuni casi la manualità e il know how artigianale che si tramanda da generazioni. E’ anche così che si diventa competitivi. Poi abbiamo anche diversificato. L’acquisizione di Manzotin va in questa direzione. Una decisione sempre coerente rispetto alla natura dell’impresa e alla visione strategica della stessa, con un focus su alimenti caratterizzati da un alto apporto proteico ma dal prezzo abbordabile da chiunque. E non finirà qui…


C’è qualche altra acquisizione in vista?

Per il momento non posso ancora parlarne, ma manca poco.
Piuttosto, preferirei farle un’altra previsione: sa chi saranno i principali attori del rilancio del lavoro in Italia? Coloro che sono presenti in Italia ed operano sul territorio. Le dico i primi due, GDO e Banche.
I primi non possono spostare i loro supermercati (a meno che non siano Carrefour), i secondi non possono spostare gli sportelli che raccolgono stipendi e risparmi. Ecco dunque i nostri principali alleati. Nel senso che, in fondo, siamo tutti sulla stessa barca. Naturalmente non cerco di convincerli della bontà delle mie idee e della mia visione delle cose, ma confido nella loro intelligenza, nella capacità di capire quale è la situazione del paese. Basterà che ascoltino le cassiere dei supermercati e gli addetti allo sportello, se già non l’hanno fatto, per rendersi conto che occorre muoversi in quella direzione.

Vi distinguono insomma valori come italianità, responsabilità sociale ma anche, suppongo, sostenibilità ambientale…

Ovviamente, dedichiamo grande attenzione anche all’ambiente. E lo facciamo con azioni concrete. Generale Conserve utilizza infatti energia prodotta con fonti rinnovabili e certificata 100% renewable Energy. Ma soprattutto è impegnata nella sostenibilità della pesca, certificata dall’ente Friend of the Sea, unica via percorribile per garantire il futuro del mare e della materia prima. Perché un imprenditore dev’essere almeno capace di preservarsi due cose: la materia prima che lavora ed il Consumatore che lo compera.. ma senza Qualita’ che Rispetto ci sarebbe?