Riduzione dei tempi di pagamento dei prodotti agroalimentari e vincoli alla libertà negoziale. L’articolo 62 del decreto legge 1/2012 sulle liberalizzazioni rischia di provocare un terremoto nel mondo del largo consumo, mettendo in difficoltà le imprese della distruzione moderna e la stessa industria di marca. Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato e direttore generale di Crai, Marco Bordoli.

Qual è il suo punto di vista sul controverso articolo 62?

È una sconfitta del modo di fare sistema nel settore del largo consumo. Il fatto che sia stato il Governo a dover intervenire per regolare le modalità di negoziazione dei prodotti agricoli e alimentari è il fallimento dei numerosi tavoli di discussione e di confronto tra industria e distribuzione.
Secondo l’industria la colpa è della distribuzione…

Una parte di ragione l’industria ce l’ha. La richiesta di ridurre i tempi di pagamento è più che legittima. Anche perché qualcuno se ne approfitta, creando situazioni di distorsione competitiva nei confronti dei distributori più corretti. Sono le modalità e la tempistica con cui è stata posta la questione che non ci trovano d’accordo. La decisione dell’industria di rivolgersi al Governo per risolvere il problema non solo è inopportuna, ma complica le cose in una situazione di mercato già critica per tutti e con prospettive incerte per il futuro.

Si spieghi meglio…

Per adeguarsi alla nuova normativa la maggior parte dei distributori dovrà organizzarsi per rientrare chi di 15, chi di 30, chi di 40 giorni di pagamento medio verso l’industria, in un momento in cui l’accesso al credito è più difficile. La situazione finanziaria di molte imprese, a questo punto, potrebbe diventare drammatica. Secondo alcune stime, il 40 per cento delle aziende distributive è a rischio chiusura. Fosse anche il 20 per cento, lo scenario che si prospetta potrebbe essere disastroso. Non solo vi sarebbero ripercussioni in termini di perdita di posti di lavoro, ma si finirebbe per produrre effetti negativi anche sull’industria di marca, che potrebbe avere difficoltà a recuperare i propri crediti.

A questo punto non c’è il rischio di qualche ritorsione?

Io parlerei di accesa conflittualità. La richiesta di allineamento alla normativa europea sui tempi di pagamento della distribuzione fatta dall’industria al Governo è stata infatti l’occasione per inserire nel calderone altri elementi, più propri della negoziazione tra le parti, che in un regime di libero mercato non dovrebbero vedere l’intervento del legislatore.

Quali potrebbero essere, secondo lei, le conseguenze di questo scontro?

Potremmo assistere a un deciso processo di concentrazione nei prossimi due anni, sia sul fronte distributivo che dell’industria di marca. Quest’ultima, specie a livello di grandi gruppi, se si avvantaggerà del fatto che molte piccole e medie aziende non reggeranno il passo della competitività richiesta dal mercato, rischia di vedere ridotto il suo potere di contrattazione trovandosi a un tavolo negoziale con un ridottissimo numero di rappresentanti di catene distributive.

Come si sta preparando Crai ad affrontare questi scenari?

Innanzitutto stiamo partecipando all’unico tavolo aperto di confronto su questi temi tra industria e distribuzione, composto da aziende del mondo della cooperazione (tra quelle che ne fanno parte, oltre a Crai, figurano Coop, Conad, Sigma, Granarolo, Caviro, Conserve Italia, Unipeg. Ndr). Un tavolo che ha inviato al Ministero osservazioni congiunte funzionali alla stesura del decreto attuativo, che lo stesso Ministero pare abbia recepito, e che continuerà a lavorare per definire pratiche attuative il più possibile condivise. Il nostro Gruppo si sta inoltre muovendo per informare e preparare la rete ad affrontare le conseguenze della nuova normativa, mettendo a punto, per chi richiederà un supporto, una serie di soluzioni specifiche, come nel caso del servizio Crai Fidi (si veda l’articolo a pag. xxx). Con i nostri partner Sma-Auchan, infine, stiamo definendo le strategie commerciali 2013 che terranno conto di questo nuovo scenario e che si tradurranno in nuove e diverse politiche di rinnovi contrattuali.


Stefania Lorusso