Nei piani di sviluppo industriale di Norda, quarto gruppo italiano delle acque alimentari, che a seguito dell’acquisizione di Sangemini ha in pancia ben 7 stabilimenti e un giro d'affari annuo pari a 130 milioni di euro, potrebbe esserci anche la produzione di biscotti o di omogeneizzati. L’amministratore delegato Carlo Pessina ci racconta strategie e obiettivi di questa realtà 100 made in Italy.



Partiamo dalla notizia più importante. L’acquisizione di Sangemini.
Non è stato facile chiudere la trattativa su Sangemini, che ha vissuto una lunga crisi. Già due anni fa avevamo provato ad acquistarla, ma abbiamo abbandonato le trattative fino all’aprile 2014, quando si è giunti alla costituzione di una Newco, La Sangemini Acque SPA, subentrata alla vecchia Sangemini SPA, e ad un accordo di affitto di ramo d’azienda con preliminare di vendita. Recentemente il tribunale ha omologato il concordato per cui ritengo che nel giro di alcune settimane chiuderemo l’operazione in maniera definitiva. Si tratta di un punto di svolta fondamentale perché, chiaramente, fino a ora abbiamo svolto una gestione ordinaria e operato esclusivamente il necessario. Una volta portata a termine l’acquisizione valuteremo possibili investimenti a livello tecnologico .



Cosa ha significato per voi, dal punto di vista strategico, questa acquisizione?
E’ stata senza dubbio un’operazione importante che ha consentito al nostro gruppo di chiudere il cerchio. Mi spiego meglio. L’azienda possiede 4 siti produttivi al Nord che fanno capo a Norda Spa. Nel 2010 abbiamo acquisito la Monticchio Gaudianello SPA di Melfi (PZ), operazione che ci ha permesso di arrivare al Sud. Con la recente acquisizione di Sangemini, situata in Umbria (in provincia di Terni per la precisione), ci siamo posizionati anche nel Centro- Italia completando quella che potrebbe essere definita una efficace copertura territoriale. Questo rappresenta un enorme vantaggio competitivo, tenendo conto che in questo settore i costi di trasporto e la logistica incidono pesantemente e che parliamo di un prodotto povero, con marginalità molto basse e la necessità di avere congrui volumi per compensarne i costi.



Quanti stabilimenti avete attualmente?
Complessivamente contiamo 7 siti produttivi. I 4 che fanno capo a Norda sono: Primaluna (LC) in Valsassina, Valli del Pasubio (VI), Tarsogno (PR) e Bedonia (PR). Sangemini, oltre allo stabilimento di Terni, ha un’altra unità produttiva a pochi km di distanza, dove viene imbottigliata l’acqua oligominerale Amerino. Infine c’è quello di Gaudianello a Melfi. Attualmente gestiamo 22 sorgenti e abbiamo 25 linee di imbottigliamento. Siamo diventati il 4° gruppo nel settore acque minerali in Italia.

Con una quota di…?
Siamo il 7° gruppo in GDO (con una quota del 4,5% a volume) e il 2° nel canale Horeca (con una quota del 15-16% a volume), dopo il gruppo Nestlé-Sanpellegrino.



Lavorate anche come copacker?
Certo. Anzi, le dirò di più. Siamo stati la prima azienda in Italia a “inventare” nel ‘93 la private label nell’acqua minerale e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è stato nel canale moderno bensì nella ristorazione. Mi riferisco al marchio Alisea, che appartiene al consorzio San Geminiano di Campogalliano (Modena) costituito da 130 grossisti distribuiti in tutta Italia. Dall’anno successivo siamo partiti anche a produrre PL per il retail e per le più importanti catene nazionali. Le PL hanno sempre pesato per noi un 25-30% sul totale dei nostri volumi.



Come intendete gestire Sangemini a seguito dell’acquisizione?
Fino a questo momento Sangemini ha sempre avuto tre target di riferimento: la prima infanzia, le neomamme e le persone anziane. Recentemente abbiamo scoperto che, se consumata regolarmente, inibisce la formazione dell’acido lattico durante l’attività sportiva, quindi questo potrebbe essere un target nuovo e più allargato. Sangemini, che è un brand storico risalente al 1889, si presta a nostro avviso a ragionamenti che possono andare oltre il beverage. Nulla ci vieterà, infatti, di lanciare una linea per l’infanzia che comprenda, a puro livello ipotetico, biscotti od omogeneizzati. Considerato il posizionamento, si presta a ragionamenti anche in ambito food.



A quanto ammonta attualmente il vostro fatturato? E per quest’anno cosa vi aspettate?
Il fatturato si aggira intorno ai 130 milioni di euro, tenendo presente che abbiamo dovuto rimettere in sesto Sangemini. L’obiettivo primario è recuperare terreno in grande distribuzione. Sangemini, essendo un brand nazionale, ha una ponderata molto alta (93%). Chiaramente bisognerà lavorare anche sugli altri marchi Fabia e Grazia, che già sta ottendendo ottimi riscontri.



Quanto pesa il canale moderno sul giro d’affari?
Essendo molto forti sull’horeca circa al 50 e 50. Ovviamente Sangemini è un discorso a sé. Non essendoci vetro a rendere è un prodotto che non può andare nell’horeca , e specificatamente nella ristorazione, ma deve essere valorizzato in GDO e in altri canali. Recentemente abbiamo inserito il formato da 1 litro in Pet che ha sostituito quasi completamente il vetro. Stiamo lavorando anche sul canale discount.



Mi sembra di capire che per i due canali adottiate strategie totalmente differenti…
Il canale horeca, come ho più volte evidenziato, per noi è strategico. Nel canale moderno, invece, ci muoviamo su due fronti: in primis come una totale beverage company perché abbiamo un assortimento completo che comprende acque minerali di vario tipo, bevende gassate e bevande piatte, e quindi possiamo coprire ampie fasce di mercato. Il secondo aspetto che guida la nostra strategia è la continua ricerca di nuove sorgenti.



Che obiettivi vi ponete per il 2015 a livello di produzione?
Nel 2014 abbiamo chiuso con oltre 800 milioni di bottiglie considerando Sangemini non ancora a regime. L’obiettivo è di arrivare in un paio di anni a 1 miliardo di litri. A livello di fatturato dipenderà molto dal mix dell’andamento delle varie categorie. Stimiamo di crescere di circa un 6-7%.



E per quanto riguarda l’export?
Attualmente la nostra azienda vende poco all’estero. Però dall’anno scorso abbiamo deciso di affrontare questo canale in maniera più incisiva. Abbiamo avviato dei contatti in alcuni paesi tra cui Cina, Stati Uniti, Israele e Australia. La nostra intenzione è di incrementare la quota export, che attualmente si aggira intorno al 2%, e di andare a posizionare i nostri brand nei mercati stranieri. Diciamo che nel medio-lungo termine l’export diventerà per noi un canale strategico importante.


Stefania Lorusso