Fabio Pollastri, direttore generale Frinsa Italia ci racconta obiettivi e strategie dell'azienda.
Voi fate parte di una multinazionale spagnola specializzata nel settore delle conserve ittiche e siete recentemente entrati nel mercato italiano. Quali sono le vostre ambizioni, i vostri obiettivi nel breve medio termine?
In primis l’apertura della filiale italiana risponde a una logica più ampia di internazionalizzazione diretta da parte di Frinsa. L’azienda ha già aperto diverse filiali in Europa nei paesi principali quali Francia, Germania e Inghilterra. Mancava l’Italia, dove in realtà Frinsa era presente indirettamente già da una quindicina d’anni.

In che modo?
Avevamo un contratto di collaborazione sottoscritto con Generale Conserve. Acquistavano la merce da noi e si preoccupavano poi di distribuirla.

Che tipo di merce?
Soprattutto prodotti private label. Noi come gruppo siamo focalizzati essenzialmente nella produzione a marchio terzi. Collaboriamo in Europa con i principali operatori e anche in Italia abbiamo iniziato a relazionarci direttamente con alcuni dei retailer con i quali prima lavoravamo indirettamente.

La decisione di aprire una filiale deriva dall’aver percepito potenzialità importanti nel mercato italiano, superiori a quelle che in passato immaginavate, o semplicemente dall’esservi resi conto che il business aveva raggiunto un livello tale che forse era arrivato il momento di occuparsene direttamente?
Gli aspetti che abbiamo considerato sono stati due. Certamente il business era ormai tale da meritare una gestione diretta. A questo si aggiunge che il mercato italiano in Europa si differenzia molto dagli altri paesi, parlo soprattutto di private label. La marca del distributore italiana, infatti, è di qualità particolarmente alta rispetto alla media europea per cui ci interessa molto. Siamo coscienti che il mercato italiano è fortemente presidiato da operatori importanti che hanno storia e buoni livelli di qualità. Noi tuttavia siamo leader in Europa e riteniamo di poter controbilanciare questo svantaggio attraverso la nostra qualità e la nostra esperienza.

La vostra politica si basa più su una strategia incentrata sul prezzo, sulla qualità, sul mix delle due cose, sul servizio?
Sul mix delle tre cose. Sicuramente sul servizio, grazie alla distribuzione diretta con un magazzino collocato in Italia. Il prezzo è una condizione imprescindibile, è una commodity per cui se non sei competitivo sei fuori. Diciamo che a parità di competitività entrano in campo altre variabili: il mix e il servizio. Noi come mix siamo sicuramente molto competitivi, poiché siamo in grado di produrre dalla lattina da 80 grammi fino alla busta da 7 kg con in mezzo a tutte le variabili possibili.

Il vostro core rimarrà incentrato sulla produzione in conto terzi, quindi come copacker?
Sì, anche se abbiamo anche tre linee di prodotti a marchio nostro, costituite da prodotti di qualità standard. Abbiamo appena lanciato una linea di alta gamma che si chiama “Frinsa la conservera”. Ha la caratteristica di essere 100% certificata MSC, per cui oltre alla qualità imprescindibile per questo tipo di prodotto noi aggiungiamo anche la componente di sostenibilità, che riteniamo essere importante per il mantenimento generale del mercato.

Qual è il vostro giro diaffari in Italia?
Abbiamo chiuso il 2016 con oltre 25 milioni di fatturato. Per quest’anno la crescita è prevista certamente a doppia cifra.

Fatto 100 il giro vostro d’affari quanto incide la produzione in conto terzi?
A oggi è quasi 100%. In prospettiva vogliamo ritagliarci una quota maggiore restando però sempre focalizzati sulla private label. Magari anche con un’attenzione verso il canale horeca oltre che alla Gdo.