Con 450 viticoltori associati, 2.000 ettari di superficie vitata e lavorata, 23 milioni di bottiglie annue, La Delizia o, più precisamente Viticoltori Friulani La Delizia, è la più grande cantina cooperativa del Friuli Venezia Giulia. Nata nel 1931, esporta in tutto il mondo vini capaci di racchiudere il cuore di una fra le nostre maggiori regioni vocate. I Paesi esteri serviti sono 30, come Stati Uniti, Canada, Germania, Regno Unito, Svezia, Polonia, Russia, Cina e Giappone.
Le linee di vino ammontano a 6 - Naonis, Naonis Collection, Sass Ter, La Delizia, La Delizia Aquila e Vigneti – per 13 vitigni, dal Cabernet Sauvignon, al Cabernet (anche frizzante), al Moscato, al Refosco, alla Ribolla Gialla, anche spumantizzata, al Rosè frizzante.
Nel 2017 il gruppo, in crescita costante da anni, ha messo a segno un incremento del 7%, per 50 milioni di euro di fatturato, di cui il 65% dovuto all’export, come ci ha raccontato il direttore generale, Pietro Biscontin, che pronostica, per il 2018, un ulteriore passo in avanti a quota 52 milioni.

Una salita importante e duratura, la vostra. Quali i motivi?

La tendenza che ha orientato il consumatore verso prodotti diversi da quelli a vocazione strettamente friulana ci ha permesso risultati molto positivi, permettendoci una crescita e un allargamento del mercato. Sembra una contraddizione, ma è evidente, che, se la domanda va in una certa direzione sarebbe assurdo non accontentarla. Dunque abbiamo scommesso su Prosecco e Pinot Grigio e siamo stati ben ripagati.

E i vini friulani, che sono il vostro Dna?

Refosco, Cabernet Sauvignon, Ribolla Gialla, Glera, Merlot, tanto per citare, non sono certo stati abbandonati. L’azienda li ha rivitalizzati in modo da collocarli sul mercato con modalità capaci di destare un maggiore interesse. Infatti sono molti i vini italiani che non si vendono da soli, ma soprattutto grazie alla capacità delle aziende di rinnovarsi e ristrutturarsi. E questo è ancora più vero all’estero, visto che in Italia, alla fine, beviamo solo la metà di quanto il nostro Paese produce, ma in compenso, questo è ovvio, il consumatore è molto più informato sulla grande varietà dell’offerta nazionale.

Qual è il vostro posizionamento?

La Delizia riesce bene nel difficile esercizio di coniugare prezzo e qualità. Proprio grazie a un continuo lavoro sulla qualità abbiamo riconoscimenti incessanti anche dal soggetto che conta di più, il consumatore. Grandissime soddisfazioni ci arrivano poi dalla Gdo, che ha continuato a chiedere i nostri prodotti anche nel 2017, caratterizzato, per il prosecco, da una dinamica di crescita del prezzo.

Parliamo dei vostri canali commerciali…

Se il retail rappresenta il 60% delle nostre vendite, è per noi fondamentale anche l’Horeca. Non bisogna dimenticare che i due canali fanno gioco di squadra: il consumatore che apprezza un vino comprato al supermercato tenderà a cercarlo anche al ristorante. E la Gdo, notando i successi di una certa etichetta nel fuori casa, tenderà ad assecondare i propri clienti. In Gdo la nostra copertura va dal Centro Italia in su. Diversamente nell’Horeca la presenza è uniforme e regolare lungo tutta la Penisola. Questa flessibilità, insieme al continuo impegno sui prodotti, ci ha portato a piazzarci fra le prime 40 aziende vinicole italiane. Nel solo Prosecco, che per il Friuli è un fenomeno relativamente nuovo, siamo addirittura in decima posizione per capacità di commercializzazione nel nostro Paese.

In quale direzione vanno gli investimenti?

Nel 2013 abbiamo puntato fortemente su imbottigliamento e spumantizzazione e oggi stiamo rimettendo mano a quel piano, per darci un nuovo assetto che ci permetta di adeguarci alle più recenti trasformazioni del mercato e di supportare i nostri associati, che continuano a stanziare risorse nei vigneti. Il passo più importante per noi sarà di ampliare ulteriormente la capacità di imbottigliamento.

Cosa può dirci della comunicazione?

Dobbiamo ampliare l’uso di questa leva, per fare crescere la platea degli interessati e renderci più visibili. Per i canali penso che oggi sia realistico guardare sempre a un mix fra media classici e Internet. Dunque le nostre scelte andranno in questa direzione.

Programmi all’estero?

All’estero, che già rappresenta per noi il 65% dei ricavi, la grande scommessa è di passare dai mercati più classici e importanti, come Usa, Canada, Germania e Gran Bretagna, a mercati in via di sviluppo, o comunque ad alta crescita. Questo consentirà nuovi sviluppi, ma anche una diversificazione dei possibili rischi dovuti ai fenomeni valutari e alla creazione di nuove barriere all’entrata, tariffarie e non.