“La situazione che si è creata nel settore dell’autotrasporto con l’entrata in vigore della legge 127/2011 è estremamente preoccupante e potrebbe portare ad un incremento medio delle tariffe pagate dalle imprese distributive pari al 25%, con inevitabili impatti sui prezzi finali di vendita dei prodotti e quindi sull’inflazione – affermano congiuntamente Federdistribuzione, Ancc Coop e Ancd Conad, le tre associazioni che rappresentano la distribuzione moderna in Italia.
 
La vicenda è balzata agli onori della cronaca con l’agitazione degli autotrasportatori dell’autunno 2009. Per affrontare il tema fu convocato un tavolo interconfederale all’inizio del 2010 i cui lavori furono recepiti dalla legge 127 del 4 agosto 2010. La norma prevedeva la possibilità di sottoscrivere accordi di settore, in mancanza dei quali dal 13 giugno 2011 sarebbe entrato in vigore anche per i contratti scritti un sistema impostato sull’applicazione dei costi minimi di esercizio previsti per i contratti verbali.
 
“Nel nostro settore – continuano le tre associazioni – la grande maggioranza dei contratti è in forma scritta, sono contratti di lunga durata, prestano attenzione a garantire la produttività dei trasportatori e il rispetto dei termini di pagamento. Tutto questo rappresenta una forma di garanzia per le imprese di autotrasporto. Abbiamo bisogno che questo patrimonio costruito negli anni non venga dissipato”.
 
Al contrario l’applicazione della legge riporta ad una situazione di tariffe minime, con costi di esercizio alti e uguali per tutti, indipendentemente dalle relazioni instauratesi nel tempo nei diversi settori. “Chiediamo quindi che in ambito dei lavori dell’Osservatorio dell’Autotrasporto, della Consulta Generale o per vie normative venga prevista la possibilità di premiare i contratti di lunga durata, per riuscire a mantenere e migliorare un sistema specifico del nostro settore, in grado di soddisfare sia le imprese distributive che quelle dell’autotrasporto”.
 
Il rischio è che se questo non dovesse essere possibile, non solo aumenterebbero i costi e quindi i prezzi dei prodotti venduti nei punti vendita, ma si romperebbe una partnership consolidata tra operatori, portando ad una maggiore incertezza nei rapporti; cosa che la distribuzione non vuole ma potrebbe essere costretta a fare a causa delle attuali difficoltà economiche dovute alla debolezza dei consumi e alla pressione sui prezzi generata dalla forte concorrenza in atto tra le stesse aziende distributive.