L’e-commerce italiano continua a crescere. “Nel 2017 – spiega Confesercenti - le attività che si occupano di vendite online sono arrivate a sfiorare le 18.000, con un aumento dell’8,4% rispetto all’anno precedente, cui si sommano quasi 10.000 negozi offline che hanno aperto una vetrina anche sul web. Ma la vitalità dei piccoli non basta a ‘sfondare’ un mercato estremamente concentrato: i siti italiani minori del commercio online, infatti, raccolgono ancora meno del 5% del totale delle vendite via Internet del nostro Paese”.

I dati emergono da un’indagine condotta da Confesercenti nazionale sulla base delle rilevazioni camerali e dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano.
La crescita cumulata 2012-2017 è addirittura del 72,6%, mentre l’area con il trend più marcato è il Sud che, nello stesso arco temporale registra un +116,9 per cento. L’incremento netto su base nazionale è di oltre 7.500 unità: in media 4 in più al giorno.

La crescita del numero di merchant italiani, però, non ha portato a una maggiore penetrazione dei piccoli nel mercato. Secondo i dati forniti a Confesercenti dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, nel 2017 gli acquisti online degli italiani sono saliti del 17% rispetto al 2016, superando i 23,6 miliardi di euro. Ma la torta va soprattutto ai grandi: i primi 20 realizzano infatti il 71% del mercato e i primi 250 il 95%: la coda lunga, ossia l’insieme degli operatori dopo la 250esima posizione, è composta da decine di migliaia di siti che insieme fatturano meno di 1 miliardo.

“L’accelerazione degli acquisti online degli italiani – spiega Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti – ha attirato molti neo-imprenditori, soprattutto tra i giovani in cerca di occupazione: in media i merchant hanno 39 anni, quasi 10 in meno della media del commercio e il 28% ha meno di 35 anni. Purtroppo però l’e-commerce è un settore ad altissimo tasso di competizione, in cui trovare uno spazio al di fuori dei grandi marketplace, come Amazon ed eBay, è molto difficile. A incidere è anche un dislivello fiscale tra le attività italiane e quelle estere operanti nel nostro Paese, che permette a queste ultime di essere più competitive sul fronte dei prezzi: ma conta pure il ritardo con cui il sistema Italia, a parte poche eccezioni, s’è affacciato a questo mondo. Però, non dobbiamo rinunciare. Per questo, oltre a una webtax equilibrata che risolva le iniquità fiscali, al prossimo governo chiediamo anche di investire per un aggregatore nazionale che dia visibilità alle Pmi dell’e-commerce. Ma anche una maggiore attenzione ad abusivismo e contraffazione, che sul web purtroppo sono dilaganti, senza dimenticare le concentrazioni di mercato che impediscono lo sviluppo del settore e sulle quali solleciteremo un’indagine presso l’Autorità Garante”.