Con un valore del commercio agroalimentare pari a 255 miliardi di euro nel 2017, l'UE conferma per un altro anno la sua posizione di maggiore esportatore e importatore mondiale di prodotti agroalimentari.

Nel 2017 i flussi esportativi hanno totalizzato 138 miliardi di euro, con una crescita del 5,1 %, come riferisce la ‘Relazione annuale 2017 sul commercio dei prodotti agroalimentari’ diffusa dalla Commissione.

Le importazioni sono state pari a 117 miliardi e dunque l’avanzo commerciale netto si è attestato a 21 miliardi.

Sempre lo scorso anno l'intera produzione del settore agricolo comunitario ha raggiunto 427 miliardi, con una catena di trasformazione alimentare che rappresenta il 7,5% dei posti di lavoro e il 3,7% del valore aggiunto totale.

Le esportazioni dell'UE sono aumentate verso tutti i principali partner: Stati Uniti, Cina, Svizzera, Russia e Giappone.

I prodotti che guidano il trend sono i vini e i superalcolici, gli alimenti per l'infanzia, le preparazioni alimentari, il cioccolato e la carne suina.

Per quanto riguarda le importazioni, negli ultimi anni l'UE è stata in grado di diversificare le fonti di approvvigionamento, con un calo della quota dei due principali Paesi di origine (Brasile e Stati Uniti) a favore di altri fornitori. In sostanza vengono acquistate soprattutto merci non prodotte localmente, come frutta tropicale, caffè, ma anche componenti per mangimi animali e ingredienti.

Purtroppo in questo scenario l’Italia, almeno dal lato export, con oltre 40 miliardi di euro, si colloca, secondo Nomisma, ancora in quinta posizione alle spalle di Olanda, Germania, Francia e Spagna “a dimostrazione di come la brand reputation da sola non sia sufficiente per affrontare i mercati internazionali e garantire una leadership. Conoscenza, competenza e organizzazione – scrive Nomisma - sono indispensabili nel processo di internazionalizzazione, spesso appannaggio delle imprese più strutturate. Basti pensare che da noi solamente l'1,7% delle imprese alimentari ha più di 50 addetti - contro il 10,5% della Germania o il 4,1% della Spagna - ed è in grado di esportare circa il 30% della propria produzione”.

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