È un panorama distributivo segnato dai conflitti quello lasciato in eredità dai ponti di Pasqua e del 25 aprile, e che sta per riproporsi il 1° maggio. Se i sindacati hanno indetto scioperi, in alcune città, come Milano, specie nei quartieri centrali e semicentrali, i supermercati erano aperti regolarmente durante la festa della Liberazione.

In altre località è andata molto diversamente. Per esempio in Friuli Venezia Giulia, dove la legge regionale prevede 10 chiusure festive all’anno, ossia il 1° gennaio, i giorni di Pasqua e Pasquetta, il 1° maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, i giorni di Natale e Santo Stefano e, appunto, il 25 aprile.

Le sanzioni, come riferisce il ‘Messaggero Veneto’, sono molto pesanti e vanno da 6.000 a 35.000 euro a seconda delle metrature, con l’aggiunta di un periodo di chiusura coatta, compreso fra 7 e 30 giorni.

È sempre lo stesso giornale a ripercorrere le tappe di un 25 aprile rovente e caotico, nel quale gli stessi cittadini hanno chiamato la vigilanza urbana per denunciare gli esercenti e i vari sindaci si sono regolati caso per caso, spesso rinunciando a mobilitare la Polizia locale.

Un atteggiamento piuttosto duro ha caratterizzato, l’udinese, dove sono finiti nel mirino molti grandi nomi della Gdo nazionale.

Il ‘Messaggero’, intervistando il sindaco del Comune di Pradamano (UD), Enrico Mossenta, fornisce un dato piuttosto eclatante: lo scorso 1° novembre sono state erogate sanzioni per un totale di 195.000 euro. A parte una, le multe non sono state però pagate e gli interessati hanno fatto ricorso.

A questo punto, almeno per quanto riguarda il FVG, tutto è in mano alla Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sulla materia. Del resto la Consulta ha già espresso in altre occasioni il proprio parere favorevole alla legge Monti, per esempio decretando, con la sentenza 239/2016 l’incostituzionalità delle restrizioni fissate, nell’aprile 2016, dalla regione Puglia.

Federdistribuzione, dal canto suo, alla vigilia delle feste primaverili ha ribadito il proprio punto di vista: “Occorre lasciare all’imprenditore la libertà di aprire o chiudere i negozi in base al servizio che ritiene di voler offrire ai clienti. Questa libertà è sancita da una legge nazionale (Salva Italia) che deve essere rispettata e non può essere superata da norme regionali o comunali. Gli orari dei negozi sono infatti elemento di concorrenza, e la tutela e promozione della concorrenza è materia di esclusiva competenza statale, come più volte ribadito da sentenze della Corte Costituzionale”.

“Non dimentichiamo – prosegue Federdistribuzione - che mentre si invoca la chiusura per i negozi, l’e-commerce continua a crescere, lui sì con una vetrina aperta 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, e che centinaia di mercati e mercatini si svolgono regolarmente. Continuando a operare per porre ostacoli alle attività del mondo del commercio fisico non si fa altro che aggiungere difficoltà a quelle che già sta affrontando il settore a causa della crisi, e questo potrà avere conseguenze sullo sviluppo, sia in termini di investimenti che di occupazione”.

E il 1° maggio? Ovviamente si replica. A quanto pare Coop e Conad opteranno per la serranda abbassata, mentre Carrefour ed Esselunga faranno il contrario...ma tutto - ça va sans dire - a seconda degli amministratori locali.