Che ripresa sia, malgrado tutto. L’economia italiana prova a rialzare la testa spinta dall’export, seppure ancora gravata dai molti divari sociali. Il 28,7% delle famiglie, ovvero un italiano su 4, è infatti a rischio povertà o esclusione sociale (era il 26% nel 2007), poco lontano dal drammatico 35,7% della Grecia.

In questo scenario comunque complesso il Pil fa registrare un +1,5% nel 2017 e un +1,2% atteso nel 2018, considerato tutto sommato un risultato incoraggiante seppure lontano dal 2,1% dell’area euro, e i consumi continuano il loro trend positivo (l’anno in corso si chiuderà con un + 1,2%) a patto però di una diminuzione del tasso di risparmio e del nuovo incremento dei prestiti.

La dinamica dei redditi delle famiglie è azzerata dalla bassa crescita dei salari e dalla lieve ripresa dell’inflazione; nonostante ciò le famiglie di fatto stanno mantenendo la loro spesa a livelli elevati e questa loro ostinazione è ancora una volta un segnale di lucidità che le rende antesignane rispetto alle stesse imprese.

Ecco i primi dati emersi ieri, a Milano, durante la presentazione del ‘Rapporto Coop 2017’, dati in chiaroscuro visto che, come spiegheremo più dettagliatamente domenica, in ‘Primo piano’, il nostro è diventato un Paese più vulnerabile, insicuro e meno ottimista di un tempo dove paradossalmente il leader politico che, a livello internazionale catalizza l’attenzione dei nostri connazionali è Donald Trump.

E in questa Italia che aggancia per ultima (o quasi) il treno della ripresa troviamo i nostri connazionali ossessionati dalla salute e dalla rincorsa al benessere: solo per la cura del corpo si spendono circa 10 miliardi di euro all’anno.

Il cibo diventa anche elisir e terapia, con un effetto sostituzione a vantaggio delle varianti più salutari. Così cede terreno il latte uht (-4,6%) in favore di quello ad alta digeribilità (+174,4%) o le uova di galline allevate in batteria (-8,2%) a favore di quelle allevate a terra (+15%). E scorrendo la lista è tutto un surplus di prodotti considerati benefici: crescono gli integrali, i senza glutine, i senza lattosio.

Se consideriamo solo il “senza olio di palma”, diventato anche un caso mediatico, il giro d’affari registra un più che promettente +13,5%, mentre siamo arrivati a mangiare la stessa quantità di carni rosse e bianche, chiudendo un divario finora storico: 19 kg pro capite annui.