Pesante il bilancio di Movimprese sulla natimortalità nel mondo del commercio, che chiude il 2018 con oltre 6.000 unità in meno, risultato che lo colloca all’ultimo posto nella graduatoria dei settori.

Se questo dato colpisce, non impressiona più di tanto, essendo ormai purtroppo abituale, l’andamento aggregato negativo degli altri 3 comparti chiave del nostro Paese: la piccola manifattura (-5.488), l’agricoltura, pesca e silvicolutura (-1.795) e le costruzioni (-6.722). Molto pesante il dato dell’artigianato: -13.433.

Tutti gli altri segmenti di business, però, negli ultimi dodici mesi, hanno chiuso il bilancio anagrafico modo favorevole. In termini assoluti, a guadagnare di più sono state le attività di alloggio e ristorazione (8.318 in più), seguite dai servizi professionali, tecnici e scientifici (+6.093) e dal mondo del noleggio e servizi alle imprese (+5.915).

Globalmente il sistema economico, nonostante un 2018 trascorso con l’affanno, alla fine ha saputo mettere a segno un saldo positivo tra aperture e chiusure. Nel 2018 i terminali delle Camere di commercio hanno registrato l’iscrizione di 348.492 nuove imprese (8.500 in meno rispetto al 2017) e 316.877 chiusure di realtà esistenti (quasi 6.000 in più rispetto all’anno precedente).

Il risultato di queste due dinamiche ha consegnato, a fine dicembre un saldo positivo, di 31.615 unità con una crescita dello 0,5%. Anche se favorevole, il dato 2018 segna, comunque, un rallentamento rispetto alla dinamica del 2017.

È stato il Mezzogiorno a trainare la crescita. Quasi il 60% del saldo è dovuto alla performance di Sud e Isole, dove il bilancio è stato positivo per 18.705 unità. In crescita le società di capitali, mentre diminuiscono le imprese individuali e le società di persone.

“Resta alta la voglia di impresa degli italiani, anche se si avvertono segnali di indebolimento da non trascurare – commenta Carlo Sangalli, presidente di Unioncamere -. Occorre sostenere ancora questa vitalità imprenditoriale, anche se la sfida per il sistema Paese è di permettere alle aziende di restare sul mercato, contribuendo così alla stessa crescita occupazionale”.