La viticultura vegan rappresenta un comparto giovane e con grandi potenzialità di espansione: lo dimostra il fatto che il numero di aziende che hanno sentito la necessità di avere una certificazione è notevolmente aumentato rispetto all'anno precedente. Le cifre parlano chiaro: nel 2016 le domande presso l’ente italiano Veganok (titolare di uno standard con oltre 1.000 realtà certificate) da parte di imprese vitivinicole sono aumentate del 35 per cento.

Ma il vino non è un prodotto di origine vegetale? Sfogliando il rapporto ‘In vino vegan 2017', si scopre che “in assenza di regolamentazione europea e nazionale inerente a sistemi di validazione appropriata per il vino vegano, i viticultori fanno necessariamente riferimento a disciplinari di aziende terze o a disciplinari di autocontrollo. Nel regolamento Veganok è inserita una nota specifica che prevede per gli alcolici il divieto d'uso di prodotti di origine animale per la chiarificazione e stabilizzazione (come albumina, caseina, colla di pesce, gelatine animali ecc.), mentre, nel packaging e confezionamento, non è consentito l'uso di colle, inchiostri, lubrificanti o di qualsiasi altro prodotto animale". Inoltre i consigli per l'abbinamento in tavola non devono contenere indicazioni che facciano riferimento a cibi come carne, pesce, formaggio, uova.

Le aziende vitivinicole riconosciute Veganok si localizzano soprattutto in Toscana (28%), Abruzzo 20% e Piemonte 17%, con una buona presenza di prodotti del Trentino e della Sicilia, mentre le denominazioni sono per il 54% Igt, per il 17% Doc/Dop e per l’1% Docg.

Riferisce sempre la fonte “che il 45% circa delle etichette che riportano la scritta vegan possiede un'altra certificazione, o un riferimento a metodi naturali o biodinamici. Lo standard più diffuso è sicuramente quello biologico, con il 26% circa delle etichette di vino vegan certificato anche bio".

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