Italiani ancora pessimisti, anzi più pessimisti degli altri popoli europei, nonché poco convinti del futuro positivo dell’Ue, anche se l’Italiaexit sfiora la mente di appena l’11% dei nostri connazionali. Il fatto è che la prima metà del 2019 – come spiega il ‘Rapporto Coop 2019’ - mostra ancora i caratteri della stagnazione economica. E, se la recentissima nascita di un nuovo Governo, dopo l’improvvisa crisi politica di metà agosto, cambia repentinamente lo scenario, la variazione attesa del Pil a fine anno, nella migliore delle ipotesi, si attesta appena sopra lo 0 (+0,1%).

Siamo anche l’unico, fra i grandi Paesi continentali, a non essere ancora riuscito a fare tornare il reddito pro capite ai livelli precrisi, con un gap di ben 9 punti nel primo trimestre del 2019. E non è un caso che, nel 2018, dopo 5 anni di aumenti seppure moderati, si sia registrato un dietrofront della spesa media delle famiglie, che segna sì un +0,3% a valori correnti, ma, tenendo conto della dinamica inflazionistica, incassa un -0,9 per cento.

Prudenti e guardinghi, gli italiani non solo indirizzano le preferenze verso beni e servizi di prima necessità (il 64% dichiara di ‘spendere solo per il necessario’), ma allentano anche gli investimenti finanziari, privilegiando i depositi bancari e alimentando le proprie riserve di liquidità.

All’interno di uno scenario di sofferenza acquistano un prestigio crescente valori positivi e rassicuranti, come la sostenibilità, la reputazione d’impresa, il bisogno di proteggere il benessere della persona e dell’ambiente. Ecologisti convinti i nostri connazionali sono, per esempio, nel 68% dei casi, favorevoli all’imposizione di un sovrapprezzo per i prodotti in plastica monouso, così da disincentivarne l’acquisto.

Continua anche a salire il numero di coloro che hanno bisogno di risparmiare tempo: in 20 anni abbiamo dimezzato i minuti passati a cucinare ogni giorno, che si sono ridotti a 37. Questo porta alla crescita della ristorazione extradomestica (83 miliardi nel 2018) e, al successo, in casa, di cibi pronti o rapidi da preparare. Così il food delivery è utilizzato oramai dal 26% della popolazione e, negli acquisti al supermercato, vince l’instant food (+9,3% in un anno), come il sushi, di cui il 42% dei nostri connazionali è un assiduo acquirente.

Parallelamente il salutismo fa sì che il carrello si riempia di fibre e proteine a scapito di grassi e carboidrati. Il 2019 segna dunque, dopo anni di riduzione, il grande ritorno della carne (+3,5% le vendite nel 2019), soprattutto italiana.

L’italianità è un altro tema chiave in fatto di cibo e arriva a contare di più del sapore e del prezzo. Il 78% dei consumatori è rassicurato dall’origine al 100% nazionale e i prodotti che possono vantarla crescono del 4,8% in un anno (2018 su 2017).

A livello distributivo si osservano cambiamenti di rilievo, con una contrazione ancora maggiore del dettaglio in sede fissa, che, sempre secondo Coop, registra una riduzione della numerica negativa di un punto, cioè doppia rispetto a quella del 2017, con gli esercizi non alimentari che diminuiscono dell’1,1 per cento.

“Restano in positivo – si legge - i negozi di tecnologia, che crescono dello 0,6% nell’ultimo anno, e i comparti (parzialmente) liberalizzati, come i carburanti (+0,6%) e le farmacie e sanitarie (+2,4%). I punti vendita più tradizionali sono invece in forte calo e pagano un tributo alla diffusione della Gdo e alla crescita dell’e-commerce. A picco, in particolare, i negozi tessili (-4,4%), le ferramenta (-1,5%) e le edicole e librerie (-3,7%), mentre l’abbigliamento, pur in flessione rispetto al 2017, rappresenta ancora il 16% del totale della nostra rete al dettaglio”.

Calano gli spazi: “Nel solo 2018, la superficie a disposizione dei negozi tradizionali è calata di oltre 1 milione di mq, quando il trend è stato positivo per la Gdo e la grande distribuzione non alimentare. Se si guarda poi al decennio 2007-2017, il tracollo risulta ancora più evidente, con quasi 6 milioni di metri quadrati persi”.

Colpa dell’e-commerce, visto che, nel 2019 gli acquisti online degli italiani hanno raggiunto 31 miliardi di euro, con un nuovo balzo rispetto al 2018(+9%), balzo che si riconfermerà nel 2020 (34 miliardi).

Oltre al commercio elettronico i dati premiano il discount: “Nel primo semestre del 2019, l’andamento della Gdo sopravanza il trend dei consumi alimentari. Le vendite del largo consumo confezionato nella grande distribuzione, infatti, crescono a valore di quasi 2 punti (+1,9%) a fronte di una variazione della domanda di poco più di mezzo punto (+0,6%). Il risultato positivo non riguarda allo stesso modo tutti i canali. Ancora una volta sono i discount a mettere a segno un netto andamento positivo (+3,6%), in parte condiviso con i superstore (+1,6%)”.

La continua salita del discount è, come riferisce il documento, dovuta a una serie di fattori, specialmente al potenziamento del fresco, area a cui è dovuto l’81% della crescita del fatturato, e all’aumento della superficie media.

“Se si osserva la produttività delle vendite. Solo il discount mostra un chiaro segno di crescita, con le vendite per mq che sono aumentate in modo estremamente significativo negli ultimi 10 anni e ancora in modo deciso nell’ultimo anno. La quota di vendite del discount sul totale della Gdo cresce, in un solo anno, dell’1,5%, portando la quota di mercato complessiva a sfiorare il 19 per cento. A percorrere la traiettoria inversa sono i grandi ipermercati e, soprattutto, i punti vendita a libero servizio”.

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