Prodotti - 9 miliardi di euro di vendite – come veri protagonisti del commercio elettronico: questa lo scenario futuro delineato dall’Osservatorio e-commerce B2C, edizione 2016, promosso dalla School of management del Politecnico di Milano e da Netcomm.

Lo conferma il suo direttore, Riccardo Mangiaracina: “Il paniere telematico degli italiani (20 miliardi, +18%), benché ancora sbilanciato sui servizi (10,6 miliardi e 54% del valore), registra un’avanzata degli acquisti di beni con un tasso 4 volte superiore rispetto a quello dei servizi (+32% contro +8%). Ci stiamo lentamente avvicinando a quanto rilevato nei principali mercati stranieri, dove la richiesta di prodotti è intorno al 70 per cento”.

Se il turismo si conferma ancora al primo posto, con una quota del 44% (+10%), l’elettronica di consumo (2.932 milioni di euro) si attesta ‘appena’ al 15%, ma presenta una variazione 2015/2016 di 28 punti. Seguono i 1.989 milioni di euro dell’abbigliamento (10% di quota e +27), mentre si rivela sempre più importante il contributo di food & grocery, arredamento e home living (+48%, il tasso più elevato, per 652 milioni di euro), beauty e giocattoli. Insieme queste voci pesano ‘solo’ 1,5 miliardi di euro, ma lievitano in un intervallo compreso fra 30 e il 50 per cento. L’editoria, scolastica e non, viaggia sui 687 milioni, con un trend del +16%, e rimane dominio dei pure player.

La penetrazione dell’e-commerce sul totale acquisti retail è del 5 per cento: “Questo risultato ci soddisfa parzialmente, poiché, anche nel 2016, non riusciamo a recuperare terreno rispetto ai principali mercati stranieri comparabili al nostro (Gran Bretagna, Francia e Germania), dove l’e-commerce consegue penetrazioni da due a quattro volte superiori – dice Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Polimi -. In questo scenario servono capacità di investimento e innovazione, per rendere sempre più semplice e appagante l’esperienza d’acquisto, pazienza (intesa come consapevolezza di non poter essere profittevoli da subito) e coraggio. Le dot.com hanno percorso questa strada e continuano a crescere più delle imprese tradizionali (+28 contro +10). Gli operatori tradizionali, dal canto loro, hanno fatto ormai il primo passo e devono giocare la partita fino in fondo”.

Il 2016 è stato un anno di svolta per l’e-commerce, anche per l’affermarsi di nuovi modelli di business, guidati dal concetto di ‘cross’: cross border, cross canalità e cross device. Spiega Roberto Liscia, presidente di Netcomm: “Gli acquirenti comprano da siti italiani e stranieri, confrontano i prodotti sia nel canale fisico, sia in quello digitale e lo fanno attraverso smartphone e PC. Il digital export, infine, rimane un’opportunità che l’Italia non riesce a cogliere per via della piccola dimensione delle proprie imprese, che non sono pronte ad aggredire i mercati esteri”.

Se lo smartphone è sempre più protagonista (3,3 miliardi di euro di acquisti fra beni e servizi, +63 sul 2015) nel 2016, i web shopper italiani, ossia i consumatori che hanno effettuato almeno un acquisto online nell’anno, crescono del 7% e raggiungono 19 milioni, pari al 60% circa degli internet user. Ma gli habitué (un acquisto al mese, come minimo) sono ancora la maggioranza (12,9 milioni) e generano il 91% del totale, con una spesa, nei 12 mesi, di 1.382 euro pro capite.