Quali sono in Italia le cifre dell’equo e solidale e come si muovono sul mercato quei prodotti che si propongono di creare uno sbocco concreto e migliori condizioni di vita nei Paesi meno sviluppati, come alcune aree dell’Asia e dell’Africa?

Alla domanda ha risposto ieri, 28 aprile, in occasione della rassegna bolognese Terra Equa, l’edizione 2018 del rapporto annuale di Equo Garantito, l'associazione di categoria che raggruppa le organizzazioni del commercio etico del nostro Paese.

Il documento ha fotografato la situazione di 78 soci, per il 50% Onlus riconosciute, tutti non a scopo di lucro. Per la precisione il 76% ha forma giuridica di cooperativa, mentre il resto è costituito da associazioni culturali, di volontariato e di promozione sociale.

In termini strettamente distributivi il sistema dei soci vuol dire 225 punti di vendita, 6 punti di ristorazione e numerosi servizi di catering. Il valore della produzione delle diverse organizzazioni – attive nel commercio al dettaglio, all'ingrosso e nell’importazione – ha superato, nel 2016, un totale di 73 milioni di euro, in calo del 2% rispetto al dato 2015, anche a fronte della riduzione del numero di associati di 5 unità.

“Per questo – si legge - riscontriamo che il settore tiene, ma non è in crescita. I ricavi generati dalla vendita in tutti i canali, quindi senza considerare per esempio le entrate relative ai servizi e prodotti dell'economia solidale italiana, sono pari a 60,66 milioni e costituiscono circa l'83% del totale”. Questa percentuale sta progressivamente scendendo: era pari all'86% nel 2015 e all’88% nel 2014.

Aumentano invece, parallelamente, le somme inerenti alla vendita di tante merceologie che rientrano genericamente nella definizione di economia solidale, ovvero provenienti da agricoltura biologica, cooperative sociali, economia carceraria, esperienze di lotta alla mafia: il valore è quasi raddoppiato in 3 anni, passando dagli oltre 5 milioni di euro del 2013 (6% dei ricavi totali) ai 9,34 milioni del 2016 (13 per cento).

II 27% del giro d’affari totale proviene dalla vendita al pubblico, il 45% dalla vendita a soggetti dell'economia solidale e, per un altro 26%, agli operatori del commercio.
Si mantiene solida e costante la parte dei ricavi legati alla vendita a canali commerciali terzi, per un totale di 15,74 milioni di euro.

Dal lato degli acquisti dei soci, nota l’Associazione, i beni equo solidali incidono per più di 39 milioni di euro e rappresentano l'87% delle spese totali per rivendita e trasformazione.

I soci Equo Garantito producono anche generi trasformati in Italia, utilizzando molti ingredienti del mondo etico, per arrivare a un totale di 636 articoli, quasi 100 in più del 2013, dei quali circa 200 coperti da certificazione biologica. In 53 casi, una parte della lavorazione è effettuata anche nei Paesi di origine delle materie prime.

Già i numeri dimostrano che il settore sta cambiando, per incorporare nuove forme di solidarietà e di attenzione verso l’ambiente e la salute. Un tema, tanto classico quanto emergente, è quello della relazione con produttori italiani, molto spesso provenienti dal mondo dell'economia solidale. “Da molto tempo – si legge nel report - si trovano nelle botteghe di tutta Italia progetti e prodotti che mirano a sostenere l’economia locale e quelle iniziative sociali che possano creare integrazione e opportunità economiche per soggetti svantaggiati e supportare modelli economici che si avvicinano a quelli promossi dal movimento dell’equo e solidale”.

Non c’era però mai stato un vero riconoscimento di tali operatori come produttori del commercio etico. Da novembre 2017 invece, i rappresentanti di Wfto (World fair trade organisation), l’organizzazione mondiale del commercio equo, riconoscono ufficialmente la possibilità di inserire i produttori locali all'interno del settore.

“Per questo – scrive ancora l’associazione - Equo Garantito ha pensato di lavorare fin da subito per adeguare e migliorare il proprio sistema di garanzia e cercare di trovare modelli di inclusione e riconoscimento, così di allargare anche la propria base e aumentare la partecipazione nella costruzione di modelli economici che funzionano e che fanno bene a chi produce e all'ambiente”.

E la legge sul commercio equo? Nel 2017 c’era stata una grande occasione dopo l'approvazione da parte della Camera dei Deputati, nel 2016, di un articolato progetto di normativa, che però non ha concluso il proprio iter in Senato. “Con il cambio di governo – conclude Equo Garantito - è tutto da rifare. Le elezioni sono state la prima occasione per richiedere l'impegno di numerosi candidati. Da qui riparte la nostra azione, insieme agli altri esponenti del settore, per promuovere la revisione e approvazione del testo di legge”.