Quali sono i cambiamenti più significativi della Gdo alimentare italiana? Alla domanda risponde il ‘Rapporto Coop 2017’, presentato a Milano lo scorso 7 settembre.

Se da un lato il settore ha raggiunto da tempo una dotazione comparabile a quella delle altre grandi economie europee, attestandosi su un totale di 17 milioni di mq, dall’altro, “a dispetto di tale apparente stabilità, il tessuto del grande commercio è interessato da una profonda riconfigurazione intrasettoriale, che ne sta modificando repentinamente gli assetti e le dinamiche”.

Nell’ultimo biennio la rete ha perso circa un migliaio di punti di vendita, con un netto assottigliamento dei liberi servizi e dei formati più piccoli. Per contro è proseguita “la crescita dei Pdv orientati a particolari segmenti merceologici (specialisti drug), di prezzo (discount), di servizio e assortimento sui prodotti alimentari (superstore)”.

I discounter, in particolare, crescono di oltre 2 punti per quota di mercato (dal 15,1% al 17,3%)”, dunque più dei superstore, che passano, sempre per quota, dal 14 al 14,7 per cento.

Lo sviluppo dei discount, negli anni, ha comportato una crescita della redditività che, per la prima volta, ha toccato i 5.000 euro al metro quadrato, cifra decisamente superiore rispetto alle medie dei negozi e delle superette e ormai prossima al dato dei supermercati, con i quali peraltro si vanno costantemente attenuando le differenze di assortimento.

“Continua allo stesso modo a salire la produttività del superstore, che sfiora, nel 2016, gli 8.500 euro di vendite per mq – si legge - e consolida, in questo modo, performance nettamente più elevate di quelle di tutte le altre tipologie”.

Nonostante queste importanti trasformazioni, il nostro mercato rimane debole, se messo a confronto con le grandi economie europee, le quali denotano un’evoluzione decisamente più marcata dei volumi di vendita. In larga parte ciò è dovuto a fattori endogeni: “L’Italia – scrive Coop – è l’unica fra le grandi nazioni continentali ad avere una bassa concentrazione e una leadership fortemente dispersa per canale e territorio. L’eccesso di capacità produttiva, la riduzione della produttività della maggioranza dei formati di vendita, la frammentazione competitiva e la perdurante difficoltà della domanda hanno determinato un deterioramento delle performance economiche”.

Come emerge da un’indagine, condotta in esclusiva per il Rapporto Coop dall’Ufficio studi di Mediobanca, “la redditività operativa della Gdo è appena superiore al 2% del capitale investito e il risultato operativo sulle vendite, dopo un biennio, torna sotto la soglia dell’1%. Peraltro, il confronto diretto dei risultati di bilancio tra i grandi gruppi della distribuzione commerciale e quelli dell’industria alimentare, evidenzia un andamento divergente. È sufficiente segnalare come la redditività del capitale investito della Gdo italiana sia strutturalmente pari a circa un terzo di quella della grande industria food”.

In questo scenario, però, si osservano, nella prima parte del 2017, notevoli progressi, con la nostra Gdo che “eguaglia, per la prima volta dopo molti anni, la media europea”.

Ovviamente i trend sono divaricati per canale e, mentre il drug cresce sia in volume, sia in valore, il resto della rete è sostenuto dalla positiva dinamica di prezzo.

Certo l’inflazione non spiega tutto. Il Sud Italia è tornato ad acquistare, dopo avere accusato la crisi in modo più acuto del resto del Paese. C’è poi la fiammata dei prodotti premium, che interessa sia i marchi industriali, sia le private label di fascia alta: “I prodotti con prezzo superiore al 130% rispetto al prezzo medio della categoria è passato nell’ultimo anno dal 30,3% al 30,9%, dunque con un andamento più pronunciato rispetto all’incremento dei beni di fascia bassa, la cui incidenza sale dal 27,6% al 27,8%”.

A dare buoni risultati è, anche e soprattutto, la riconfigurazione generale della Gdo, composta attualmente, per un quinto, da punti di vendita nuovi, o totalmente ristrutturati, i quali hanno incassi marcatamente superiori: “Nell’ultimo anno a fronte di una crescita complessiva delle vendite del largo consumo confezionato di circa un miliardo di euro, il giro d’affari dei nuovi punti vendita è stato di 1,4 miliardi, mentre la rete esistente e i punti di vendita chiusi hanno complessivamente manifestato una riduzione di 400 milioni. In sostanza, il positivo trend delle vendite dell’ultimo anno sembra concentrarsi prevalentemente sui Pdv di recente concezione e segnatamente su quelli dei formati più dinamici, cioè superstore e supermercati medio grandi”.


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