L’industria degli integratori alimentari taglia importanti traguardi grazie alla capacità di innovare e di realizzare prodotti dall’elevato profilo qualitativo: un settore dinamico che investe, assume e guarda con positività ai mercati esteri per rispondere al meglio alle sfide del futuro. I dati di mercato confermano che la direzione intrapresa è quella giusta: nel 2017 le vendite di integratori alimentari sono cresciute mediamente del 7,3%, definendo un mercato nazionale valutato in quasi 3 miliardi di euro.

A rilevare questo scenario è la terza indagine di settore (2017) “La filiera italiana dell’integratore alimentare” a cura del Centro Studi FederSalus, un punto di riferimento a livello nazionale per la comprensione delle dinamiche della filiera del settore in Italia. L’indagine fotografa un comparto solido e in salute. La stima relativa al fatturato industriale del settore dell’integratore alimentare risulta pari a 2.385 milioni di euro, per un totale di 19.977 addetti. Il valore espresso dalla compagine delle aziende associate a FederSalus, che rappresenta circa il 50% dell’intero comparto, è stimato in 1.186 milioni euro con 10.583 addetti occupati.

Un ruolo importante è quello svolto dal contoterzismo: le aziende italiane specializzate in ricerca, sviluppo e produzione in conto terzi rappresentano il 16% del fatturato industriale dell’intero comparto. Il resto del fatturato del settore è appannaggio per l’11% delle aziende di materie prime e per il 73% delle aziende a marchio. Il fenomeno del contoterzismo è una componente significativa di questo tessuto industriale avendo contribuito in maniera positiva in termini di produzione di un prodotto di qualità. Un sistema virtuoso tipicamente italiano generatosi per ragioni di natura normativa. La regolamentazione del settore prevede infatti che la produzione di farmaci sia distinta da quella degli integratori alimentari; questo di fatto ha favorito l’incontro tra l’industria farmaceutica, portatrice di una cultura di rigore scientifico, di elevati standard clinici e di quality assurance, e il know-how specifico del settore degli integratori delle aziende italiane specializzate nella ricerca e sviluppo e produzione in conto terzi.

Il fatturato stimato sul totale delle aziende associate è supportato da un consistente piano di investimenti, di circa 119 milioni di euro. Circa il 50% delle aziende associate ha reinvestito fino al 10% del fatturato degli integratori alimentari. A sostenere la crescita hanno contribuito gli incentivi governativi, in particolare le misure di superammortamento e iperammortamento, volte a supportare gli investimenti funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi, il credito di imposta, come misura volta a stimolare l’attività di ricerca e sviluppo per l’innovazione di processi e prodotti, e il Patent Box che ha interessato il 24% delle aziende rispondenti, la maggioranza delle quali ha presentato domanda proprio per la categoria degli integratori alimentari.

“Il contesto regolatorio su cui si sono strutturate le aziende italiane di integratori alimentari, adeguato e proporzionale alla natura del prodotto, ha costituito nell’ultimo decennio un terreno fertile per la crescita e lo sviluppo del mercato. La crescita del comparto italiano degli integratori alimentari si sta consolidando e il mercato sta raggiungendo una fase di maturità – afferma Andrea Costa, Presidente FederSalus – I dati dell’indagine di settore mostrano un comparto dinamico e resiliente, in grado di mantenere buone performance e di testimoniare un’apertura crescente verso l’export e gli investimenti. Il compito dell’Associazione è quello di puntare sulla consapevolezza e sull’aspetto qualitativo, incoraggiando presso le Istituzioni le misure che favoriscano l’export”.

Il peso del fatturato che deriva dall’export, tra i motori della crescita del settore, è sempre più importante e testimonia la qualità dei prodotti italiani riconosciuta a livello internazionale. La terza indagine conferma il trend positivo delle attività estere: il 74,6% delle aziende associate dichiara di aver aumentato le esportazioni. Complessivamente la quota generata dalle attività verso i mercati esteri sul totale fatturato industriale delle aziende associate vale circa il 21%; il valore dell’export è pari a circa 250 milioni di euro. I paesi più ambiti in prospettiva, oltre all’area euro, sono Russia, Cina e Nord America.
Un importante aspetto riguarda le modalità attraverso cui le aziende operano nei mercati esteri, quasi il 30% delle rispondenti dichiara di essere direttamente presente sul territorio, questo segnala una tendenza a strutturarsi in loco con l’obiettivo di superare le barriere in entrata.