I dati diffusi ufficialmente a inizio gennaio dal Ministero dei Trasporti non lasciano spazio a dubbi: il 2012 è stata una vera e propria Caporetto per il mercato dell’automotive. Con un calo del 19,9% rispetto al 2011, il comparto ha fatto registrare una delle performance più negative della sua storia recente, arrivando a fine anno a immatricolare soltanto 1.402.089 mila autovetture, raggiunte con estrema fatica e grazie al contributo fondamentale delle cosiddette “km zero”. Una perdita di ben 347.650 unità rispetto a due anni fa che, secondo alcune stime, equivarrebbe a un fatturato di circa 7 miliardi di euro bruciati in soli 12 mesi. Da qui è necessario ripartire in un 2013 che si annuncia tutt’altro che roseo. Come fare per uscire da questo pantano hanno provato a spiegarcelo alcuni importanti attori del settore.

L'eccessiva tassazione penalizza il comparto

Un crollo del 46% dal 2007 a oggi, quasi metà del mercato andato in fumo in soli 5 anni. È il frutto della crisi che ancora oggi attanaglia l’Italia e colpisce per primi gli immobili e gli autoveicoli, i beni più costosi che può acquistare una famiglia o un’impresa. “Ma noi siamo il fanalino di coda dell'Europa – denuncia Filippo Pavan Bernacchi, presidente nazionale di Federauto, Federazione italiana concessionari auto –, avendo realizzato la perdita maggiore, a causa dell’inasprimento fiscale di tutte le tasse e i balzelli che riguardano l'acquisto degli autoveicoli e il loro possesso”. Aumento di bollo, Ipt (Imposta provinciali di trascrizione), accise, pedaggi autostradali. O ancora il varo del superbollo, che ha inciso profondamente sul comparto delle vetture prestazionali, e poi la penalizzazione per l’acquisto delle vetture aziendali. “Questo mentre in Europa si possono detrarre e dedurre al 100% – sottolinea Pavan Bernacchi –. Un attacco concentrico alla filiera che ha portato minori tasse racimolate dallo Stato, 3 miliardi nel 2012, ma anche tanta disoccupazione e un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali per una grande fetta degli 1,2 milioni persone che lavorano nella filiera italiana”.
Una situazione assolutamente problematica, che ha bisogno d’interventi urgenti orientati a cercare di invertire un trend negativo che dura ormai da troppi anni. “Servono misure per sostituire le vetture, i commerciali e gli industriali con più di 10 anni – spiega Pavan Bernacchi –, che consumano, inquinano e spesso non hanno dispositivi essenziali come ABS e Airbag. Rivisitazione drastica della tassazione delle vetture aziendali, limite di legge agli aumenti sulle accise e recepire misure proposte dall’Aci che consentirebbero di ridurre il premio dell'assicurazione fino al 40 per cento”.
Tutti questi sono interventi che necessitano di un’azione politica repentina, che però facciano parte di un disegno chiaro della direzione che l’Italia vuole intraprendere nel prossimo futuro. “Se in questo Paese non si tornano a varare misure per lo sviluppo, a sostegno dell'occupazione, se non saremo competitivi sul mercato globale – conclude Pavan Bernacchi –, se non si ridimensionerà con una mannaia la spesa pubblica, se non tornerà a esserci credito da parte delle banche nei confronti degli imprenditori e dei cittadini, non ci sono soluzioni. Solo con scelte politiche serie, ragionate, pluriennali, si uscirà da questa situazione. Dimenticavo: tempestive perché finché il medico studia il paziente muore”.

Meno reddito spendibile, ma cambiano anche le abitudini culturali

Nella pioggia di dati allarmanti che caratterizzano il settore dell’automotive, c’è ne uno che forse più di altri può dare l’idea di quanto grave sia la situazione: secondo le statistiche diffuse da Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) nel 2012 si è assistito a un calo del 10% del mercato dei veicoli usati, tradizionalmente anticiclico, passato dai 4,6 milioni di unità del 2011 agli attuali 4,1. Una diminuzione netta, per un settore che dal 2009 in poi aveva visto una sostanziale tenuta se non addirittura una lieve crescita.
“I fattori che caratterizzano questo stato di cose sono sia contingenti che strutturali – analizza Giorgio Elefante, responsabile del settore automotive di PwC –. Da un lato, il perdurare di incertezza e disoccupazione, che portano a un calo del reddito disponibile, ma anche ad attese negative di introiti futuri. Dall’altro lato, invece, si assiste a un cambiamento culturale: lo status symbol, che prima era rappresentato da macchine di un certo livello, non esiste più. Oggi è più “smart” noleggiare una macchina, che possederla ed è probabile che per le nuove generazioni questo sarà sempre più vero. In questo contesto, l’industria automobilistica si è trovata impreparata ad affrontare il cambiamento”. A venire meno non è tanto la necessità di trasporto, quanto la funzione di possesso dell’oggetto e pertanto sarebbe necessario sviluppare un diverso concetto di servizio alla mobilità, che contempli anche l’implementazione di car-pooling e car-sharing.
Sul fronte delle previsioni sulle future immatricolazioni, è probabile un’ulteriore polarizzazione delle vendite. “Gli estremi cresceranno più della parte centrale – spiega Elefante – I suv, per esempio, mostrano una dinamica positiva, a patto che non consumino troppo e che non ci sia eccessiva tassazione, così come le autovetture più piccole. Per quanto riguarda i veicoli commerciali, le previsioni sono legate alle attese sul Pil: se stagna, anche le immatricolazioni resteranno ferme”.
Le case automobilistiche orienteranno i loro sforzi verso autovetture che presentino un miglior rapporto prezzo/contenuto, magari senza fronzoli, ma che possiedono tutti gli accessori indispensabili per l’utente finale. “Difficilmente comunque si tornerà in tempi brevi ai livelli pre-crisi – sentenzia Elefante –. Per il 2013 si prevede un mercato sostanzialmente invariato rispetto al 2012, a meno di interventi a sostegno del settore, che però la condizione economica attuale non consente di attuare”.

Leasing, per il 2013 si intravede uno spiraglio

Il leasing è da sempre una delle opzioni più gettonate soprattutto dalle aziende per allestire il proprio parco macchine. Eppure, nonostante la flessibilità che questo strumento finanziario garantisce, il 2012 è stato comunque un anno nero, che segue sostanzialmente l’andamento generale del mercato automotive. Lo scorso anno, infatti, si è registrata una contrazione del 17,6% del numero e del 23,5% del valore dei contratti. Tuttavia la riduzione dello stipulato ha riguardato soprattutto le società di emanazione bancaria e non le cosidette “finanziarie di marca”. “Tali società, pur con un andamento altalenante di mese in mese, hanno avuto mediamente nel 2012 una performance positiva – sottolinea Maurizio Lazzaroni, Presidente di Assilea, Associazione italiana leasing – sia in termini di numero di nuovi contratti, cresciuti dell’8,4%, sia in termini di valore: +4,1% a dicembre 2012. Si tratta di un risultato particolarmente significativo perché raggiunto in un settore, l’auto, che ha chiuso l’anno con una contrazione fortissima dei volumi di vendita in tutte le economie avanzate”.
Numeri che in certo qual modo rendono meno indigesto il boccone amaro del calo sostanziale del comparto e che a ben guardare lasciano intravedere un bagliore di speranza per l’anno appena iniziato. “L'auto, così come lo strumentale, rappresenta per il leasing un prodotto strategico – spiega Lazzaroni –. Nel 2013, secondo alcune recenti previsioni formulate dai principali operatori, ci si attende una crescita superiore al 10% rispetto al 2012. Alcuni operatori, anche quelli di matrice bancaria, concentreranno l’offerta sui riscatti superiori al 10%, con una particolare attenzione ai servizi, il cosiddetto full-leasing”.
Affinché ciò si verifichi, però, è necessario innanzitutto un pronto riordino della fiscalità. Questo in un’ottica di semplificazione e di razionalizzazione della tassazione dell’auto con l’obiettivo, da un lato di allineare l’imposizione fiscale dei contribuenti italiani a quella europea e, dall’altro, di consentire il ritorno a un ciclo di rinnovo del parco dei veicoli più coerente con la vita economica utile di questa peculiare tipologia di beni, con effetti anche ai fini ambientali e della sicurezza stradale. “Un là era stato dato con il disegno di legge delega fiscale – ammette Lazzaroni –. Un emendamento approvato agli inizi di dicembre in Commissione Finanze del Senato aveva “aperto” alla previsione di una serie di decreti legislativi per riordinare la tassazione dell’auto; tuttavia, come noto, le dimissioni del governo Monti non hanno consentito alla riforma dell’auto e, soprattutto alla delega fiscale, di vedere la luce a gennaio”.

Crollano i concessionari, tengono i ricambi

Meno auto vendute, significa anche concessionari in forte sofferenza. La rete dei rivenditori di automobile paga a caro prezzo la crisi di un comparto che finora non accenna a invertire la tendenza negativa. “Non è difficile immaginare le ripercussioni per una filiera dimensionata su un mercato pre-crisi di circa due milioni e mezzo di autoveicoli, passati a 2,2 nel 2009 e atterrati a 1,4 nel 2012 – afferma laconicamente Paolo Strabello, presidente uscente di AsConAuto, Associazione nazionale consorzi concessionari auto –. Un crollo per molti rivenditori, forse per la maggior parte, insostenibile. Per non parlare della redditività e del ritorno sugli investimenti.
Le cose vanno leggermente meglio se si guarda invece al comparto dei ricambi originali, che risulta essere, almeno in parte, in controtendenza. “Nonostante la pesantissima crisi non abbia mancato di far sentire i suoi effetti, si può affermare che c'è stata una certa tenuta – spiega Strabello –. L'invecchiamento del parco circolante e la conseguente necessità di riparare ciò che non si può cambiare, in generale, ha aiutato il settore dell’assistenza e vendita ricambi”.
Parlare d’incentivi tout court per risollevare il settore, oltre che banale rischia di essere anche fuorviante, senza contare che in questo determinato periodo storico potrebbero non esserci fondi a sufficienza. Inevitabile quindi che le soluzioni vadano cercate altrove. “Si deve puntare al rinnovamento del circolante, grazie ai veicoli di nuova generazione a basso impatto ambientale, favorendone l’acquisto con una robusta defiscalizzazione – elenca Strabello –. Ancora più importante, bisogna interrompere la tendenza che vuole l’auto come il salvadanaio da capovolgere ogni qual volta c’è bisogno di far cassa: si torni a una maggiore deducibilità delle spese legate all’uso della vettura per il lavoro, per esempio. Terzo punto, non strozzare il credito: oggi per molti è impossibile acquistare un’auto o comunque un veicolo da trasporto e lavoro perché le maglie del credito sono troppo rigide. Eccessivamente alte poi le spese per il passaggio di proprietà, e quasi insostenibili le Rca auto”.
In un clima come quello attuale, comunque, fatto di estrema incertezza anche dal punto di vista politico fare previsioni per il breve-medio periodo è esercizio piuttosto complicato. “Se la prossima compagine governativa avrà l’acume di sostenere il comparto – conclude Strabello –, potremmo ipotizzare una seppur modesta ripresa, a vantaggio di tutta l’economia e del gettito Iva, altrimenti l’unica previsione sensata è sperare in un mercato flat”.

Soffre il noleggio, sia a breve che a lungo termine

I numeri comunicati nei giorni scorsi da Acea (Associazione costruttori europei di autoveicoli) conferma l’andamento negativo del mercato continentale di veicoli commerciali e industriali nel 2012, all’interno del quale spicca la flessione del 31,7% registrata in Italia. In particolare, i primi segnano una flessione del -32%, mentre quelli industriali medi e pesanti del -29,4%, tutte percentuali che mostrano una situazione nel complesso anche più difficile rispetto a quella dei principali mercati europei.
A soffrire, in questo contesto, è anche il comparto del noleggio, che negli anni si è dimostrato un valido alleato al fianco delle aziende. “Contrariamente alle aspettative, il 2012 si è rivelato un anno negativo, che ha portato una riduzione di circa il 9% del mercato – conferma Pietro Teofilatto, direttore noleggio auto a lungo termine di Aniasa, Associazione nazionale industria dell’autonoleggio e servizi automobilistici –. La situazione d’incertezza però ha portato anche a una proroga dei contratti, che sono passati da una media di 36 mesi a 48, grazie anche alla flessibilità offerta da questo tipo di modalità, che permette di modificare alcuni termini contrattuali anche in corso d’opera. Questo fattore ha fatto sì che la clientela rimanesse stabile e attualmente si aggira attorno alle 60mila imprese”. Anche per quanto riguarda il noleggio a breve termine, non ci sono dati confortanti. Da agosto a dicembre si è assistito a una riduzione della flotta complessiva, che è passata da 160mila a 120mila unità, questo però a fronte di un miglioramento del tasso di utilizzo medio, che si attesta attorno al 70 per cento.
In generale, anche su questo comparto pesa come un macigno il problema della fiscalità, che incide in maniera decisiva sul suo sviluppo. “Con la Legge Fornero varata lo scorso anno c’è stata una sensibile riduzione della deducibilità dei costi fiscali, solo per evidenze di cassa – lamenta Teofilatto –. Si è passati da un 40% standard al 27,5%, percentuale scesa ulteriormente al 20 con la legge di stabilità promulgata lo scorso dicembre. Una manovra che ci allontana ulteriormente dai principali paesi europei, come Inghilterra e Germania, dove la deducibilità è al 100 per cento. Per il 2013 ci aspettiamo quindi un’ulteriore riduzione, nell’ordine di circa 30/40 mila unità”.

La parola dordine innovazione del servizio

Nonostante le difficoltà del contesto economico, c’è comunque chi è riuscito a contenere le perdite. È il caso, per esempio, di Leaseplan, multinazionale che opera nel noleggio a lungo termine e nella gestione delle flotte aziendali, che dichiara di aver chiuso l’anno in maniera positiva, seppur non entusiasmante. Un risultato frutto di una strategia aziendale che punta inevitabilmente su innovazione e tecnologia, basata in particolar modo sull’e-business. “Nei prossimi mesi avremo il lancio di un nuovo tool che consentirà ai nostri clienti di produrre in completa autonomia e nel rispetto delle car policy, quotazioni e ordini – spiega Gavin Eagle, direttore commerciale di Leaseplan Italia –. Inoltre, rinnoveremo completamente il nostro applicativo di reportistica per i fleet manager anche dal punto di vista tecnologico, che diventerà accessibile da smartphone e tablet, e svilupperemo ulteriormente l’applicazione iPhone e Android per i nostri driver, con il lancio di nuovi servizi accessibili da mobile”.
Anche l’offerta di prodotto sarà ampliata, con l’introduzione di diverse novità. “Stiamo implementando ulteriori servizi consulenziali per le grandi aziende – prosegue Eagle – al fine di supportarle nel processo di ottimizzazione delle car policy e del total cost of ownership, specializzando un team dedicato. Il tutto supportato dalla realizzazione di un portale interamente dedicato ai driver utilizzatori. Inoltre, dopo Green Plan, un ulteriore servizio a valore aggiunto che stiamo sviluppando per è Save Plan, che contempla uno spettro di soluzioni dedicate al monitoraggio e all’aumento del livello di sicurezza dei guidatori”.
Gli sforzi messi in campo dalle aziende in favore degli utenti finali rischiano però di essere vanificati da un contesto politico-economico che non favorisce il settore. “Pur comprendendo le difficoltà del Governo nella ricerca dell’equilibrio finanziario, riteniamo che le potenzialità del mercato delle company car non siano ancora state comprese pienamente – denuncia ancora Eagle –. Eppure i vantaggi di una fiscalità non penalizzante sarebbero per tutti: per le casse dello Stato, in quanto l’aumento delle immatricolazioni genererebbe un gettito Iva addizionale più che proporzionale al sostegno ricevuto; per la competitività delle aziende italiane, dove le auto aziendali sono spesso mezzi strumentali alle proprie attività e, come tali, elemento di competitività rispetto ai concorrenti esteri”.