Le entrate dei cento maggiori retailer britannici dalle operazioni internazionali sono salite del 90% in cinque anni, secondo i dati della Grant Thornton's Retail Services. Le entrate provenienti dalla sola Asia sono aumentate quasi del 300%.

Le entrate nazionali sono invece cresciute del 39% nello stesso periodo, passando da 45,8 miliardi di sterline a 63,6 miliardi.

Le entrate internazionali attualmente rappresentano il 23% del reddito totale dei cento maggiori retailer inglesi. Nel 2001 ammontavano solo a 9,7 miliardi di sterline, contro i 18,5 miliardi del 2006. L'aumento è del 91%. C'è anche stato un aumento del 33% nel numero di retailer (tra i cento considerati) presenti all'estero: 18 nel 2001 e 24 nel 2006. Quattro di queste sei insegne che hanno avuto un'espansione oltre i confini nazionali si trovano nella metà inferiore della top 100.

David Bush, capo del team della Grant Thornton's retail Services, ha commentato: “Le condizioni commerciali altamente competitive nella Gran Bretagna stanno portando i retailer a investire al di fuori del mercato domestico come mai prima d'ora. Questo andamento continua da qualche anno, ormai, ma l'entità di questo sviluppo è sbalorditivo. Inoltre non sono solo i colossi come Tesco a volersi espandere all'estero; anche i retailer relativamente più piccoli si sono sentiti abbastanza sicuri da tastare il terreno altrove”.

I retailer considerati sono presenti in 55 diversi paesi in tutto il mondo. L'Europa continua a essere la meta più gettonata per un'espansione estera: il 70% delle entrate internazionali proviene da qui. La destinazione più comune è la Francia (42%), seguita da Spagna e Polonia, rispettivamente con il 33% e il 29%.

La crescita più significativa in termini di espansione geografica nei cinque anni passati, comunque, si è verificata in Asia, con un aumento del 281%. Il valore corrispondente in Europa è stato del 66%. Attualmente l'Asia procura quasi un terzo (29%) delle entrate internazionali dei cento maggiori retailer, mentre cinque anni fa la percentuale era del 14%.

Nel continente asiatico, sono la Tailandia (25%) e l'India (17%) ad avere la maggiore presenza di catene inglesi. La Gran Bretagna sta invece perdendo interesse per le espansioni in America, che ormai generano solo il 2% delle entrate internazionali (contro il 6% del 2001).

Prosegue Bush: “I retailer inglesi hanno individuato significative opportunità di crescita sia nell'Europa dell'est sia in Asia, soprattutto in India. Con un settore retail stimato intorno ai 140 miliardi di sterline all'anno e la maggioranza delle industrie costituita da piccole ditte familiari, c'è grande potenziale in questo mercato crescente per competitor inglesi.”

“La presenza di negozi inglesi in India finora ha seguito per lo più il modello del franchising. Tuttavia, la recente decisione da parte del governo indiano di diminuire le restrizioni sugli investimenti stranieri significa che i retailer internazionali potranno gestire outlet della compagnia, a patto che vendano prodotti di una sola marca. Con queste premesse, direi che una grande parte dell'espansione inglese in India prenderà la strada del punto vendita di proprietà della compagnia”, ha concluso Bush.

I retailer in espansione all'estero provengono principalmente da pochi settori. La metà è costituita da specialisti del mondo della moda e dell'abbigliamento per bambini. Industrie di materiale elettrico, intrattenimento e mobili si ritagliano ciascuna una fetta dell'8% sul totale delle catene che investono all'estero. Il settore alimentare è rappresentato solamente da Tesco (che recentemente è entrato anche nel mercato cinese, vedi articolo dell'11 gennaio).

La moda è il settore più esportato per più ragioni. Prima di tutto i vestiti hanno generalmente volumi ridotti e sono facilmente trasportabili. Inoltre la comunicazione globale ha reso i trend della moda più omogenei da paese a paese. Infine, la maggior parte dei retailer inglesi nel commercio della moda sono forniti principalmente dall'estero, il che rende più facile trasportare i prodotti a mercati esteri, senza passare prima per la Gran Bretagna.