A livello internazionale la fiducia nella catena alimentare non si è persa durante la pandemia, specie perché, a dispetto della grande paura che, in molte nazioni, ha portato, al fenomeno degli accaparramenti, i prodotti, invece, sono sempre stati accessibili. Lo afferma la ricerca di Eit Food - European innovation and technology institute, organismo indipendente dell'Unione Europea – dal titolo ‘Increasing consumer trust and support for the food supply chain and for food companies’.

L’analisi ha coinvolto 2.363 persone - fra consumatori e attori della catena alimentare - in 6 Paesi: Finlandia, Israele, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito.

Come ha spiegato la nostra équipe nazionale - coordinata da Anna Miglietta, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino - dai primi riscontri emerge proprio un diffuso apprezzamento per la capacità, mai interrotta, di fornire il cibo.

Tuttavia “altri soggetti – si legge in una nota - interpretano le scene di panico da acquisto e accumulo di scorte alimentari come una mancanza di fiducia verso il sistema nel mantenere adeguati livelli di fornitura”.

In linea generale i consumatori di tutti i Paesi affermano di guardare con maggior favore al mondo dell’agricoltura e dell’allevamento e, soprattutto, ai piccoli produttori, locali e indipendenti.

Lo stesso atteggiamento si rileva nei confronti dell’Horeca, dove il più alto grado di stima va alle micro-attività del proprio territorio.

Ci sono anche una serie di azioni che gli intervistati vorrebbero che fossero intraprese per aumentare il grado di fiducia. I consumatori segnalano: la necessità di allevamenti animali che adottino alti standard di benessere; l'equità dei prezzi; l'etichettatura e tracciabilità dei prodotti; la tutela dell'ambiente.

I risultati emersi in Italia - a partire da un questionario on-line sottoposto a 369 consumatori, 7 focus group con i consumatori stessi, un workshop con 14 rappresentanti del mondo aziendale, accademico e giornalistico, 5 interviste con esponenti del mondo industriale – dimostrano che il pubblico guarda con atteggiamento positivo, a fronte dell'incertezza e dei rischi derivanti dal virus, alle marche. Prevale, per conseguenza, l’acquisto di confezionati e surgelati, a discapito dei freschi.

Non è tutto: se nel nostro Paese si osserva una netta fiducia negli enti regolatori e di consulenza della filiera agro-alimentare, si considera invece con sospetto la comunicazione, e, in particolare quelle pubblicità che coinvolgono chef rinomati, anche se l’intrattenimento gastronomico ottiene sempre più spazio sulle piattaforme televisive e sul web.

Nonostante il successo delle marche, gli italiani credono che le aziende agro-alimentari facciano poco per garantire una reale trasparenza dei prodotti.

Destano la maggiore attenzione due componenti della responsabilità sociale: il benessere degli animali e lo smaltimento dei rifiuti, sia industriali, sia domestici.

Infine, sia tra le aziende, sia tra i consumatori intervistati, è diffusa la percezione che gli agricoltori siano i soggetti più vulnerabili della filiera agroalimentare.