Continua, secondo ‘Italian cuisine market monitor’, la ricerca svolta da Deloitte in collaborazione con la scuola internazionale di cucina italiana Alma, la crescita del valore del foodservice a livello globale. La ristorazione mondiale ha chiuso positivamente il 2018 raggiungendo una spesa totale di 2.563 miliardi di euro. Di questi, il 46% è stato totalizzato nell’area Asia Pacifico, che ha trainato la crescita del settore riportando un +4,1% in media annua 2014-2018, in testa a Nord America (+2%) ed Europa (+1,2%). Si prevede che lo sviluppo proseguirà anche nel 2018-2022, sebbene a un ritmo leggermente più moderato (2,4%).

Con il 50% di quota di mercato, il full-service restaurant si conferma il primo canale della ristorazione mondiale e il luogo dell’esperienza di consumo più gratificante. I primi dieci Paesi per dimensioni di mercato rappresentano il 77% del valore di questo format, trainati da Cina e India.

È italiana, secondo il 50% dei rispondenti, la cucina con maggiore potenziale di crescita all’estero. Segue, con il 40%, quella giapponese, mentre la cucina francese chiude il podio, raccogliendo le preferenze di uno su tre e staccando la crescita della tavola asiatica in generale (13%).

Nel 2018, il giro d’affari della cucina italiana nel mondo si è attestato a 229 miliardi di euro, in crescita del 10,6% rispetto al 2016. Di questi, solo 39 sono stati realizzati all’interno dei confini nazionali, rendendo il nostro Paese il terzo mercato, dopo Cina e Stati Uniti.

Con 71 miliardi la Cina è in testa, con una penetrazione pari al 15,8. Sono però gli Usa, con 69 miliardi di euro, a riportare il tasso di diffusione maggiore, pari al 35,7. Seppure con un valore totale più contenuto anche India e Brasile dimostrano un’alta penetrazione (rispettivamente 24,9 e 28,2%).

In Europa i principali mercati sono Regno Unito, Spagna e Francia, per i quali la ristorazione italiana pesa fra i 4 e i 3 miliardi di euro.

Passando all’offerta si scopre che i capisaldi sono, per i consumatori mondiali, la qualità e la sostenibilità. Si allarga la proposta di cibi funzionali, come i prodotti antinvecchiamento, ma anche di alimenti “free-from”, destinati a consumatori con intolleranze alimentari, o che scelgono di evitare un determinato ingrediente. Basti pensare il mercato dei prodotti senza glutine duplicherà il proprio valore passando dalle 456,7 tonnellate del 2017 alle 938,7 nel 2026.