di Luca Salomone

Conferma per il piano di ristrutturazione di Ferrarini, che passa definitivamente all’80% a Gruppo Pini e al 20% ad Amco-Asset management company.

Subentra Rilancio industrie

Questo grazie all’omologa del concordato preventivo da parte del Tribunale di Reggio Emilia che, nei giorni scorsi, ha dato l’atteso via libera al nuovo assetto dell’importante salumificio emiliano, fondato, nel 1956 da Lauro Ferrarini, e realtà di tutto rilievo nel prosciutto cotto senza polifosfati, cui si aggiungono altri segmenti del made in Italy alimentare, come il Parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma Dop, la mortadella italica, i salami, il vino bio e l’aceto balsamico.

In una nota, la società esprime “soddisfazione per un'approvazione che he ha sciolto la riserva rispetto al piano concordatario approvato dai creditori già a ottobre 2022. Il piano prevede – come riporta il decreto del Tribunale - che, subordinatamente all’omologa, la società Rilancio industrie agroalimentari, partecipata da Pini Italia (80%) e Amco (20%), subentri integralmente nel capitale sociale della debitrice”.

Fatturati nel piatto

La decisione della Magistratura, ribadisce Ferrarini, “arriva a seguito un percorso iniziato quattro anni e mezzo fa, che ha visto l’azienda generare sempre utili, dando prova di poter rimanere sul mercato. Nei primi 11 mesi del 2022 Ferrarini ha registrato ricavi per 120 milioni di euro, con un utile intorno ai 3 milioni”.

Pini, dal canto suo è noto soprattutto per le sue bresaole, tipiche e a denominazione, il prodotto core, ma spazia anche sul crudo e lo speck.

Il big valtellinese, con quartier generale a Sondrio, ha fatturato, nel 2021, per la sola Pini Italia di Castelverde (Cremona) poco meno di 250 milioni di euro.

Come è noto le traversie di Ferrarini sono iniziate con il default delle banche venete che non ha permesso di bilanciare l'acquisto di Vismara. In seguito, la vicenda si è dilatata a dismisura per uno scontro legale fra la cordata vincitrice e quella guidata da Bonterre.

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