I festeggiamenti dei 100 anni di Haribo hanno preso il via ai primi di dicembre, con l’inaugurazione della prima mostra virtuale dedicata alla storia del brand: dal sito www.haribo100.it gli utenti possono percorrere, in uno spazio totalmente digitale, le tappe storiche del gruppo. Marco Piantanida, amministratore delegato di Haribo Italia, commenta con noi questa ricorrenza.

Che significato ha questo compleanno?

Cento anni sono, evidentemente, un traguardo molto importante per l’azienda che, in un secolo di attività, ha raggiunto risultati significativi e ora vuole condividere con chi l’ha supportata la gioia che porta con sé questo anniversario. Le ragioni che hanno permesso il conseguimento di questa meta risiedono non solo nel successo di una storia imprenditoriale audace e originale, che desideriamo raccontare e rendere nota, ma anche nell’incessante impegno delle persone che fanno parte del gruppo. Se inizialmente l’azienda di Hans Riegel contava un solo impiegato – sua moglie Gertrud – oggi parliamo di ben altri numeri: 7.000 adetti, un nuovo quartier generale, recentemente inaugurato a Grafschaft (Renania-Palatinato), un building con un impianto di produzione all’avanguardia, uffici moderni e un efficiente centro logistico.

Quali tratti caratterizzano il marchio?

Haribo è indipendenza, fiducia, pragmatismo, qualità, felicità fanciullesca, tutti valori che, in un secolo, hanno costituito la solida base su cui si fonda l’identità dell’azienda. Tuttavia, non vogliamo guardare solo a quanto è stato fatto, ma trarre ispirazione per crescere di anno in anno, continuando a costruire il nostro futuro con l’entusiasmo e l’energia che ci contraddistinguono. Questi cento anni non sono certo un punto di arrivo, ma un’occasione di consapevolezza da cui trarre forza per continuare a creare.

Cosa vuol dire, in cifre, gruppo Haribo?

Haribo, secondo la classifica di ‘Candy Industry’, la testata internazionale leader di settore, ha un fatturato che supera i 3 miliardi di dollari. Il dato non è affatto banale sia perché ci colloca nella top ten, sia perché gli altri leader non sono, diversamente da noi, degli specialisti delle caramelle, ma multinazionali dolciarie in senso lato. Fare bene le caramelle, del resto, è il concetto che ha ispirato, il nostro fondatore Hans Riegel, che, nel 1920, ha creato la società Haribo, acronimo di Hans Riegel Bonn. I primi prodotti hanno visto la luce in una piccola cucina, ricavata da una lavanderia, con l’impiego di pochi, preziosi strumenti: un sacco di zucchero, una lastra di marmo, uno sgabello, un fornello, un paiolo di rame e un rullo.

E in Italia?

In Italia il sell-out sul mercato di Haribo è di circa 100 milioni di euro, un dato importante considerato il prezzo unitario, abbordabilissimo, del nostro prodotto. Ci muoviamo in un mercato che, come in molti altri Paesi, vede la presenza di colossi e dunque, per noi, è premiante la notorietà del marchio, la sua carica di simpatia che invoglia a tornare ogni tanto bambini, la nostra specializzazione nei prodotti gommosi, una distribuzione molto capillare. Sicuramente questi fattori ci hanno messo al riparo dalla stasi dei consumi che ha toccato il confectionary, specie nel fuori casa, e questo anche prima del Covid. Del resto, la Gdo è per noi il canale principale, con una quota di due terzi. L’ultimo terzo comprende i negozi tradizionali, i bar, il divertimento in genere, un settore che sta soffrendo moltissimo, come vediamo tutti e, per giunta, senza avere, il più delle volte, grandi elementi di forza intrinseca e la possibilità di resistere a lungo. È più che drammatico e, personalmente, sono molto rattristato. La ripresa, indubbiamente, ci sarà, ma al momento nessuno riesce a capire quando e, soprattutto, in quanti anni.

Come descriverebbe il vostro consumatore?

Fedele e di memoria lunga: nel 70% dei casi, infatti, se invitato a citare spontaneamente un marchio di caramelle gommose, dice ‘Haribo’. Se il mercato domestico, la Germania, è molto più ampio e il nostro brand è in cima alla classifica, anche in Italia siamo riusciti, nel tempo, a consolidare fortemente la nostra presenza e, pur competendo in un solo segmento, quello delle gommose, siamo diventati, nel 2020, leader di mercato nel confectionary, un fatto che è garanzia di futuri sviluppi.

Haribo ha un assortimento molto profondo. Parliamo di innovazione…


I nuovi prodotti sono fondamentali, anche se esistono ovviamente due pietre miliari, gli orsetti ai gusti e le rotelle di liquirizia. I lanci sono frequentissimi tanto che, a livello mondiale, il gruppo ha superato, nel tempo, i 1.000 prodotti, con decine di novità ogni anno, le quali tengono alti l’interesse e la curiosità del consumatore. Quest’anno in Italia abbiamo proposto, tanto per citare, Mango, un gusto abbastanza adulto e Mix frizzante – sia i mix, sia i frizzanti sono degli evergreen – e abbiamo ulteriormente diversificato Orsetto, con la versione extra succo, cioè con una percentuale di succo di frutta più elevata.

Concludiamo con il licensing: vi interessa?

Capita, ma per il nostro settore, contrariamente ad altri segmenti del dolciario – pensiamo solo agli ovetti e alle uova di Pasqua - non è un elemento decisivo nella semantica del prodotto e nemmeno nelle motivazioni di acquisto. Per noi, come ho detto, il vero asset è il marchio, l’elemento che desideriamo che sia ricordato. Questo non significa che Haribo sia chiusa alle collaborazioni, ma semplicemente è meglio che il nostro consumatore resti concentrato su un prodotto già ricco di significati propri.