L’emergenza sanitaria ha portato una rivoluzione nelle logiche della business information, dove le tempistiche e i ‘prodotti’ hanno dovuto assecondare trend incoerenti, imprevedibili e in continua evoluzione. La tecnologia e le competenze, già largamente consolidate, hanno permesso a IRI di lanciare, fin dall’inizio della pandemia, un set di nuovi indicatori economici settimanali, per aiutare produttori e distributori a comprendere le dinamiche di vendite, prezzi e disponibilità a scaffale. Parliamo, tanto per fare i nomi, di IRI Demand Index, di IRI Inflation Tracker e di IRI CPG Supply Index, strumenti in grado di misurare le oscillazioni settimanali e di erogare rapporti e trend ai diversi operatori del largo consumo.
Abbiamo chiesto a
Marco Colombo, Direttore solutions & innovation IRI, di raccontarci i dettagli di questa sfida contro il tempo.

In quale momento IRI ha cominciato a reagire?

Da subito. Operando da sempre nell’alimentare e nel cura casa e persona è stato per noi naturale accorgerci del repentino manifestarsi di fenomeni di acquisto nuovi e molto intensi, che hanno impatto su anni di ‘bonaccia’, ossia su un mondo del mass market che stava segnando il passo, con variazioni tendenti allo zero o, per il 2019, attestate su un +1,5 per cento. Molti consumi, da tempo, si erano trasferiti nel fuori casa, un mercato che vedeva il traguardo dei 100 miliardi in Italia, come, ceteris paribus, in Francia e Spagna. Nella fase iniziale – il paziente 1 è stato identificato a Codogno il 20 febbraio – c’è stato, e questa è storia, una fortissima reviviscenza del retail, della quale, con l’avvio del lockdown, hanno beneficiato soprattutto le catene distributive più tradizionali e con punti vendita piccoli e di vicinato. Qui inediti tassi del +25% sono andati a discapito, oltre che dell’Horeca, ormai chiuso per decreto, anche dei grandi punti di vendita, talora impossibili da raggiungere - per legge -, o comunque frenati dalle lunghissime code dovute alla sommatoria degli accaparramenti e del distanziamento sociale.

Parliamo delle categorie più coinvolte nei fenomeni di scorta…

In questi mesi il bene che non è mancato è il tempo e dunque si sono riscoperte la cucina domestica e i suoi ingredienti: da manuale i casi della farina e del lievito. Questo ha messo in crisi le relative filiere produttive. Sono anche entrate in fibrillazione le merceologie classiche della ‘sindrome da bunker’ - scatolame, pasta e riso, olio, carta igienica e così via -, oggetto, come sappiamo, di un’incetta che ha svuotato moltissimi scaffali, in Italia e in gran parte del mondo.

Quali esigenze hanno manifestato i vostri clienti?

Si è creata una vera fame di informazioni, indispensabili per riportare sotto controllo la pianificazione commerciale. La curva temporale classica – che prevedeva raccolta, elaborazione e diffusione dei dati di mercato - si è drasticamente accorciata e parallelamente è salita la richiesta di notizie di ogni tipo, dall’andamento dei diversi canali, alla misurazione e previsione delle rotture di stock, alle tendenze di prezzo, ai continui mutamenti della domanda… IRI ha adattato i propri processi produttivi a una congiuntura nella quale il vero plus era la velocità. Abbiamo sfruttato tutta la nostra base informativa - circa 14.000 punti di vendita di ogni tipologia, in grado di fornire dati su base settimanale e giornaliera – per reagire ai bisogni della clientela. Così, tanto per fare un esempio, abbiamo intercettato da subito il rialzo del 250% (su base settimanale) dell’acquisto di alcol denaturato e la sua successiva e logica mancanza nei punti vendita. Altro caso concreto: durante il lockdown prodotti che non rientravano affatto nella spesa quotidiana, come i coloranti per capelli, hanno avuto una seconda giovinezza a causa della chiusura di parrucchieri ed estetisti. Abbiamo dunque messo a disposizione di tutti i nostri clienti e della stampa, in modo gratuito, presentazioni in grado di dare, due volte alla settimana, un profilo dei maggiori trend delle giornate precedenti in una ‘narrazione’ in grado di compendiare gli umori dei clienti finali, le variazioni di prezzo, la presenza, o l’assenza, dei prodotti a scaffale. Abbiamo costantemente monitorato il fenomeno dell’Out of Stock, grazie a un algoritmo proprietario, messo a punto con GS1 Italy. Tutto questo ha aiutato i clienti a gestire una pianificazione commerciale rapida e coerente con i bisogni del mercato.

L’online è stato fra i grandi protagonisti. Fino a che punto ha risposto alle aspettative?

Durante i mesi più difficili l’eccesso di domanda non ha permesso al commercio elettronico di dare, a tanti consumatori, la risposta attesa in termini di servizio. Però gli italiani, che prima dell’emergenza sanitaria utilizzavano il clicca e ritira in misura molto modesta (3-4% degli acquisti on-line di beni di consumo), hanno fatto un ricorso molto più massiccio a tale modalità la quale, dopo picchi vertiginosi, si è attestata sul 13% del fatturato totale dell’e-commerce. IRI è stata la prima a lanciare un panel continuativo anche sulle vendite online, che ha permesso di leggere le curve di comportamento quotidiane. Abbiamo osservato, per esempio, un affollamento di domanda nei primi giorni della settimana, sia per la consegna a casa, sia per il click&collect, un fatto riscontrabile anche nella spesa presso i punti vendita. Se osserviamo il 2018 e il 2019, scopriamo che il 40% della spesa era invece concentrato nelle giornate da venerdì a domenica. Credo che questo comportamento lascerà traccia in futuro, condizionando la pianificazione degli assortimenti e dei calendari promozionali.

Abbiamo accennato al fatto che IRI era già pronta alla sfida. In che senso?

Il nostro adeguamento non sarebbe potuto accadere senza una piattaforma tecnologica, IRI Liquid Data, che si è consolidata nel tempo. Essa è il risultato di uno sviluppo importante lanciato, per l’Italia, da oltre due anni e che ha cominciato a vedere la luce nel 2019. Grazie a questo strumento possiamo concentrare, in un unico sistema di elaborazione dati, tutte le informazioni di cui abbiamo parlato, con un dettaglio che arriva al singolo negozio e al singolo codice Ean e che copre tutti i canali da noi monitorati. I sistemi di machine learning e l’intelligenza artificiale consentono di leggere, in diversi modi e con diverse chiavi di lettura, un dato tutto sommato semplice: quanto vende una singola referenza in un singolo negozio. Tuttavia, le combinazioni possibili sono praticamente infinite e dunque si possono fornire risposte molto personalizzate e mirate. Questo patrimonio informativo permette, alle aziende, di attivare le proprie risposte strategiche senza perdite di tempo, avvalendosi di rapporti che raccontano una vera storia. Andando oltre aggiungo che, negli Stati Uniti, stiamo mettendo a punto un sistema di ‘conversation analytics’ - Airia, in test anche in Italia - che permette di interagire con la ‘macchina’ usando il linguaggio naturale.

Quali saranno le vostre prossime direzioni evolutive?

Verrà mantenuta e, anzi, ulteriormente consolidata, l’attenzione agli ‘early indicator’, cioè a dati freschi, rapidi e dinamici, per orientare un business che si è fatto molto più complesso. Credo anche che tutta la comunità di business vorrà monitorare capillarmente le categorie e i canali minori, come il dettaglio tradizionale. Quello che si nota, fra i manager, è anche un forte interesse non solo verso le merceologie affini, ma nei confronti dell’andamento totale del punto vendita, visto che, in ultima analisi, tutto l’assortimento è interconnesso.