Ismea tira il bilancio di un anno di Covid, in un dettagliato rapporto di 50 pagine dedicato alla domanda e offerta di prodotti alimentari. Non tutte le filiere, evidentemente, sono state toccate in uguale misura dalla crisi innescata dalla pandemia, come, per esempio, l'ortofrutta fresca e trasformata, l’olio d’oliva e la pasta, che hanno potuto contare su una compensazione del calo delle vendite Horeca (-42%), grazie all' incremento record degli acquisti fra le mura domestiche (+7,4%).

Sul versante dei consumi interni l’analisi dei dati relativi all’intero anno 2020 mostra come siano i prodotti confezionati ad avere tratto maggiore vantaggio dagli effetti della pandemia, con un consumo che ha registrato, nel 2020, una crescita quattro volte superiore al 2019, con un aumento delle vendite in valore dell’8%, pari a circa 5,18 miliardi di euro di fatturato in più sul 2019.

La ripartizione per macro aree nazionali - confezionati e sfusi - evidenzia ancora una volta come il Nord Est abbia fatto da traino, con incrementi della spesa dell’8,4% dunque, decisamente più marcati di quelli registrati al Centro, con +7,3%, nel Mezzogiorno, con +7,2%, e nel Nord Ovest, con +7 per cento.

Altri settori, come il vino, l'ittico e il florovivaismo, sono stati penalizzati, oltre che dalle limitazioni imposte ai pubblici esercizi, anche dalla riduzione dei flussi turistici e delle cerimonie.

Il calo della ristorazione internazionale ha fatto sentire il suo peso anche sulle esportazioni agroalimentari che, dopo il +7% del 2019, nei primi undici mesi del 2020 hanno rallentato, fino a segnare un aumento dell'1,7% su base annua che, tuttavia, si confronta con il -10% dell'export totale nazionale.

A contribuire a questa crescita, seppure relativa, delle vendite estere sono stati prodotti come pasta, riso, olio d'oliva e conserve di pomodoro, per i quali la domanda oltreconfine si è mantenuta sempre sostenuta.

La contemporanea flessione delle importazioni, in particolare per le materie prime, per i prodotti ittici, da forno e i formaggi, ha portato in attivo, per oltre 3 miliardi di euro, la bilancia commerciale agroalimentare italiana. Anche comparti in deficit strutturale, come l'olio d'oliva e il lattiero-caseario, hanno invertito il segno.

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