Nel caso in cui la politica “America First” del presidente Trump dovesse essere perseguita così come rappresentata in campagna elettorale, l’economia italiana potrebbe perdere fino a 1,4 miliardi di euro nelle esportazioni verso gli Stati Uniti di cui oltre 300 milioni nel solo settore agroalimentare. Questo lo scenario contenuto in una recentissima ricerca realizzata da Ismea.

Il report disegna i possibili sviluppi della nuova politica commerciale degli Stati Uniti, dopo i proclami del presidente, il quale ha dichiarato a più riprese di voler difendere i propri prodotti nazionali con la strategia denominata appunto "America First", che potrebbe prevedere una serie di drastiche misure: dall'uso più aggressivo di dazi anti-dumping a un maggior ricorso ad accordi bilaterali, fino a un’esplicita messa sotto accusa dei Paesi che registrano i maggiori surplus commerciali nei confronti degli States.

Le esportazioni agroalimentari dell'Unione europea verso gli Usa hanno raggiunto nel 2016 circa 21 miliardi di euro a fronte di importazioni pari a poco meno di 12 miliardi. Gli Stati americani rappresentano il terzo acquirente delle esportazioni italiane sia complessive che agroalimentari.

L’export agroalimentare italiano verso gli Usa, che vale complessivamente 3,8 miliardi di euro, è costituito per la metà dai comparti del vino (1,3 miliardi, il 35% del totale) e dell’olio (circa 500 milioni, pari al 13%). Rilevante anche il peso delle esportazioni di formaggi e latticini (289 mln di euro, 8% del totale), pasta (244 mln, pari al 6%), prodotti dolciari (198 mln, 5%) e ortofrutta trasformata (196 mln, 5%).

I risultati dello studio indicano che un maggiore protezionismo da parte degli Stati Uniti finirebbe per produrre effetti negativi sulla stessa economia americana. Pertanto – è l’indicazione di policy che emerge – per l’Italia e l’Unione Europea si tratta di partecipare ai negoziati con piena consapevolezza dei diversi scenari possibili e delle conseguenze attese per ciascun attore. Non va infatti sottovalutato il paradosso per cui alla spinta protezionista non possa seguire una maggiore liberalizzazione del mercato.

Tuttavia le conclusioni non sono improntate, necessariamente, a un drastico pessimismo. “In estrema sintesi – scrive Ismea - le simulazioni realizzate nello studio mostrano effetti relativamente modesti rispetto all’allarmismo alimentato dagli annunci di Trump e, dunque, sembrano suggerire il messaggio che Trump – almeno sul fronte delle politiche commerciali – sia ‘un cane che abbaia ma non morde. Quello che l’amministrazione USA può fare, rispettando le regole dell’Omc ha effetti molto scarsi e colpirebbe, essenzialmente i suoi attuali partner del Nafta. E anche con scenari estremi, in termini di rottura delle regole multilaterali e uscita dagli accordi esistenti, i risultati non sono stravolgenti. L’unico scenario che mostra effetti più consistenti è quello della guerra commerciale, che è anche quello dove gli Stati Uniti registrerebbero le maggiori perdite. Se questo è vero sul fronte strettamente economico e, soprattutto, in termini statici, l’effetto dinamico in termini geopolitici potrebbe essere però molto più consistente e meno controllabile”.

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