“La crescita è ferma. L’incertezza frena le scelte delle aziende, delle famiglie e degli investitori. L’economia ha bisogno di una scossa, lo Stato di riforme”: intervenendo all’assemblea dell’Associazione industrie dei beni di consumo (Ibc) il presidente Aldo Sutter ha posto l’accento su forti criticità che condizionano l’attività delle oltre 32.000 aziende alimentari e non food attive in Italia.

“Il nostro comparto vale quasi il 30% del Pil generato dall’industria italiana: 70 miliardi di euro su 250 - rileva Sutter -. Molto di più se consideriamo l’indotto, cioè tutte le aziende che operano a monte dell’industria dei beni di consumo. Siamo un asse strategico dell’economia, attivo sui fronti dell’innovazione, della valorizzazione del capitale umano, del digitale, della creatività... A fronte di questo ruolo chiediamo risposte strutturali che ci consentano di esprimere la nostra competitività: modernizzazione degli assetti pubblici, del fisco, della giustizia, delle reti infrastrutturali, incentivi alla ricerca”.

Secondo i dati diffusi da Ibc, nel quarto trimestre 2018 erano cresciute di poco sia la produzione di beni di consumo (+0,2%), sia le vendite al dettaglio (+0,3%), ma da gennaio 2019 il quadro è peggiorato: “Le imprese avvertono una riduzione degli ordinativi; le famiglie iniziano a percepire il peggioramento delle prospettive. In queste condizioni è possibile che i consumatori diventino più prudenti, aumentando il risparmio a scapito della spesa”.

Il presidente di Ibc rimarca che, in un quadro di domanda critico, l’aumento delle aliquote Iva avrebbe pesanti effetti depressivi sulla dinamica del mercato, con ripercussioni sull’attività delle imprese, sull’indotto e sull’occupazione.

“Nonostante le rassicurazioni del Governo siamo molto preoccupati, perché il quadro è diverso rispetto al passato – spiega Sutter -. Negli anni scorsi si utilizzava la clausola di salvaguardia Iva per garantire un obiettivo di saldo che tendeva al pareggio negli anni successivi. La disattivazione della clausola manteneva comunque su un sentiero di riduzione. Ora, invece, gli obiettivi sui saldi sono più alti: 1,8% del Pil nel 2020 e 1,5% nel 2021. Secondo le nostre analisi, se non venisse adottata la clausola, il deficit si porterebbe in prossimità del 3% del Pil, forse oltre; un valore relativamente elevato, che giustificherebbe la reazione delle autorità europee e dei mercati finanziari”. Per queste ragioni, la probabilità che gli aumenti dell’Iva si materializzino, almeno in parte, appare più elevata rispetto agli anni scorsi.

Un altro fronte caldo per l’Industria dei beni di consumo è il progetto di legge sulle chiusure domenicali dei punti di vendita. “Il provvedimento - conclude Sutter - andrebbe contro i principi del libero mercato: ogni azienda deve poter decidere orari e giorni di apertura in funzione delle proprie strategie commerciali e dell’equilibrio del proprio conto economico. I consumi sono statici ed è paradossale che si pensi a provvedimenti che frenano gli acquisti”.