I sindacati dell’alimentare, industriale e cooperativo, tracciano le ipotesi di aumenti per il settore per 450 mila lavoratrici e lavoratori. Si chiede, in base all’accordo raggiunto fra le varie sigle - Fai, Flai e Uila - un adeguamento salariale di più di 300 euro nel quadriennio, che permetterà il recupero del potere d’acquisto, perso rispetto agli ultimi contratti nazionali.

Si avvierà ora la fase di consultazione in tutti i luoghi di lavoro per arrivare, a fine maggio, alla loro approvazione e all’avvio dei negoziati con le controparti, cioè Federalimentare le sue 13 associazioni, Agci-Agrital-Confcooperative Fedagripesca e Legacoop agroalimentare.

“Il nostro Paese – scrivono in una nota congiunta i rappresentati dei lavoratori - ha dimostrato ancora una volta sorprendenti capacità di crescita, anche dopo la pandemia e la rottura degli equilibri internazionali, causata dalla guerra in Ucraina. Oltre al Pil, che cresce in modo superiore alle previsioni, è importante sottolineare che una parte consistente di questa ripresa è dovuta al nostro settore”.

I sindacati constatano che l’agroalimentare tricolore ha segnato importanti record: la produzione è cresciuta dell’1,3% rispetto al 2021, l’export, nell’ultimo quinquennio, è aumentato del 43%, raggiungendo, nel 2022, la cifra record di 60,7 miliardi di euro, pari al 10% delle esportazioni complessive del Paese e le vendite sono balzate del 18% nei primi tre mesi del 2023.

"Risultati importanti raggiunti anche grazie al contributo delle lavoratrici e dei lavoratori, che invece hanno visto erodere la propria busta paga dall’inflazione. Per questi motivi sul versante economico, riconfermando le strutture salariali dei Ccnl in scadenza (quello dell'industria termina a fine maggio 2024, ndr), è prevista una richiesta importante e adeguata al contesto: 230 euro di sul trattamento economico minimo e 70 sull’incremento aggiuntivo della retribuzione” . Alla cifra sarebbero da aggiungere anche 30 euro per il trattamento economico per mancata contrattazione di secondo livello.

Centrale, inoltre, per le sigle sindacali, la richiesta di riduzione dell’orario di lavoro settimanale, da 40 a 36 ore, a parità di salario, per rispondere alla sfida del lavoro che cambia.