Ecco qualche cifra, molto provvisoria e della prima ora, relativa all’impatto del Coronavirus sul retail, specie piccolo, ristorativo, o non grocery. Secondo Confimprese nel primo week-end dell’emergenza, 22-23 febbraio, le vendite dei negozi hanno perso il 30-40 per cento circa, un dato che, probabilmente, è piuttosto ottimistico, ma sensato come media nazionale e che potrebbe anche appesantirsi se si concretizzerà la decisione di chiudere i centri commerciali nel prossimo fine settimana.

Per contro, i dati diffusi da Coop, lunedì 24, e relativi ai propri supermercati, registrano in molti reparti e nell'epicentro della preoccupazione - Milano e Lombardia fino a qualche giorno fa - crescite del 50% a causa del fenomeno dell'accaparramento.

Quanto ai disinfettanti la stima di Nielsen, rilasciata il 25 febbraio, per la categoria dei gel igienizzanti mani, prevede 1 milione di pezzi venduti entro fine febbraio, in pratica fra soli 3 giorni, mentre nelle prime 6 settimane dell’anno il sell-out è stato di 900.000 confezioni, pari a un fatturato di 2,5 milioni di euro. È aumentato di 9 volte (+827%) il giro d’affari generato da questo segmento di prodotto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, conclude la società di ricerche.

Completano il quadro le stime macro di Confesercenti e Confcommercio. La prima parla di una ricaduta, sulla nostra economia, pari a una perdita di 3,9 miliardi di euro di consumi. "E – avverte la Confederazione – questa non è che una valutazione conservativa, basata sull’ipotesi di una crisi limitata. La frenata dei consumi avrà infatti conseguenze pesanti sul tessuto imprenditoriale e potrebbe portare alla chiusura di circa 15.000 piccole imprese in tutti i settori, dalla ristorazione alla ricettività, passando per il mondo distributivo e dei servizi. Sull’occupazione si potrebbero superare i 60.000 posti di lavoro persi”.

Ancora più pessimista è Confcommercio: “Il protrarsi dell’emergenza, oltre aprile-maggio, potrebbe tradursi in una riduzione del Pil dello 0,3-0,4% con un pesantissimo impatto nel turismo – a rischio, tra marzo e maggio, 21,7 milioni di presenze, con una riduzione di spesa di 2,65 miliardi di euro - e nel settore dei pubblici esercizi che, con un rischio occupazionale già ora valutato in circa 100.000 unità, chiede il riconoscimento, a livello nazionale, dello stato di crisi”.