Cinquantasei miliardi di fatturato persi: a tanto ammonta il drammatico conteggio che Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, ha condotto sulla ristorazione nazionale. Nel 2020 – spiega l’associazione, aderente a Confcommercio - i consumi fuori casa sono calati del 37,4%, con una flessione di 32 miliardi rispetto al 2019. A questi si aggiunge una quota del 28% di ulteriori perdite, registrate nel 2021, sempre in confronto all’ultimo anno prima della pandemia, per arrivare ad altri 24 miliardi in meno spesi da famiglie e turisti, italiani e stranieri.

Il risultato è che 45.000 imprese, per lo più piccole e medie, sono scomparse in meno di due anni e 300.000 persone, fra titolari e dipendenti hanno perso il proprio lavoro, determinando una fuga di competenze difficilmente recuperabile, mentre altre centinaia di migliaia di realtà sono oberate dai debiti nel tentativo di resistere alla crisi.

Ma non è tutto. La caduta, figlia della pandemia, ha danneggiato anche molte industrie alimentari che trovano nell’horeca uno dei propri canali di sbocco, sia in Italia, sia all’estero.

«Tutto questo – sottolinea Roberto Calugi, direttore generale di Fipe – impone di considerare la ristorazione e i pubblici esercizi alla stregua di altri settori dell’offerta turistica italiana. Il mese di dicembre ha vanificato gli sforzi e l’ottimismo dell’estate e ci ritroviamo sprofondati in un’emergenza senza fine. Nessuno chiede aiuti a pioggia: se il problema sono le risorse si selezioni l’accesso alla cassa integrazione, alle moratorie e agli altri incentivi, sulla base della reale perdita di fatturato, ma non possiamo lasciare le imprese al loro destino. Con la contrazione delle attività che stiamo registrando negli ultimi mesi, il settore semplicemente non sopravvivrà. Bisogna agire e bisogna farlo subito».

Per questo Fipe ha inviato una lettera ai ministeri del Lavoro e del Turismo per fare in modo che le imprese del settore siano comprese nel prossimo decreto di sostegno alle realtà in crisi, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni all’attenzione del Consiglio dei ministri.