Come annunciato, Ivano Vacondio passa alla presidenza di Federalimentare, dove sostituisce il collega, Luigi Scordamaglia. La nuova squadra, per il prossimo quadriennio, sarà composta dai vicepresidenti, Silvio Ferrari, Nicola Levoni, Paolo Mascarino e Paolo Zanetti, dal consigliere incaricato, Vittorio Cino, dai consiglieri elettivi, Michele Cason e Annibale Pancrazio, e dal direttore, Nicola Calzolaro.

"L’industria alimentare italiana ha conquistato nel mondo una reputazione di assoluta eccellenza e rappresenta un patrimonio che abbiamo il dovere di valorizzare - spiega Vacondio, imprenditore a capo di Molini Industriali -. Il nostro comparto del food è oggi il secondo settore manifatturiero del Paese, con circa 56.000 imprese, per un fatturato che raggiunge i 140 miliardi di euro e copre l’8% del Pil nazionale. Elementi, questi, che si traducono in 385.000 posti di lavoro.

“Alla base di questi numeri — commenta Vacondio — ci sono tantissime piccole e medie imprese che rappresentano la spina dorsale del Paese e che, con il loro saper fare tutto italiano, trasformano le materie prime in prodotti di prima qualità che sono richiesti in tutto il mondo”.

Dati alla mano, l’export alimentare ha registrato un aumento del 75,7% negli ultimi 10 anni, triplo di quello medio del Paese, fino ad arrivare, nel 2017, a 32 miliardi. Sono numeri importanti, se si pensa che a pesare è anche il sistema Dop e Igp - qui l'Italia è leader in Europa -, che ha raggiunto, nel decennio, un aumento specifico dell’export del 140 per cento.

“Per i risultati ottenuti finora, ma anche a fronte di una prolungata stagnazione interna, è necessario considerare l’export strategico per la crescita dell’intero agroalimentare - continua Vacondio -. Al centro dell’attenzione di Federalimentare ci sarà dunque il proseguimento di un’azione forte a sostegno dell’internazionalizzazione, della promozione dell’export e della tutela del Made in Italy”.

Un impegno necessario e legato a filo doppio a una corretta informazione volta a tutelare, in Italia come all’estero, la cultura e il valore del saper fare italiano per contrastare fenomeni dannosi per l’immagine del made in Italy e per la nostra economia.

“È ormai evidente – afferma Vacondio — che si è progressivamente affermata una generale deriva antindustriale, che non ha risparmiato neanche l’industria alimentare e le sue eccellenze. Ne è la prova il fatto che questo comparto sia stato raramente rappresentato come una risorsa e un patrimonio del nostro Paese e della sua economia, alimentando più spesso una cultura del sospetto. C'è bisogno, dunque, di un atto di responsabilità, soprattutto di fronte alle dinamiche congiunturali degli ultimi mesi, che ci mostrano il continuo calo dei consumi interni e, da ultimo, il rallentamento della dinamica esportativa.

“È necessario, prima di tutto, farci veicolo di un’informazione scientifica e autorevole, corretta ed equilibrata, a beneficio dei consumatori, e valorizzare l’Italia come paese trasformatore, affermando con chiarezza che il successo del made in Italy alimentare è il frutto delle migliori materie prime nazionali ed estere, ma anche di tecnologia, processi e innovazione. In una parola: del saper fare italiano. Il mondo — ha concluso Vacondio — è sempre più sensibile e ricettivo nei confronti dei prodotti ad alto valore aggiunto, che caratterizzano l'offerta della nostra industria. Non possiamo deludere queste opportunità, nell'interesse della nostra filiera agroalimentare e dell'intero sistema Paese”.