Dopo l’ok del Consiglio dei ministri italiano, l’etichetta ‘a batteria arriva a Bruxelles, dove è stata notificata alla Commissione europea La proposta nostrana ha l’obiettivo di costituire un’alternativa al sistema, francese e belga, del Nutriscore, ma anche al ‘semaforo’ inglese.

Il tutto si basa, appunto, sul simbolo NutrInform Battery, che indicherà l'apporto nutrizionale dell'alimento in relazione al fabbisogno giornaliero e al corretto stile alimentare, evidenziando la percentuale di calorie, grassi, zuccheri e sale per singola porzione, in confronto alle quantità raccomandate dall’UE.

“La proposta italiana – spiega una nota del Mise – è diretta a superare gli effetti, penalizzanti per il Made in Italy, del Nutriscore, che utilizza invece i colori per esprimere un giudizio sui prodotti agroalimentari, attraverso un algoritmo di misurazione che, basato su 100 grammi, li classifica dalla A alla E. Questo è in contrapposizione con i principi della nostra dieta mediterranea che si fonda, invece, su un consumo bilanciato di tutti gli alimenti”

I produttori e i distributori del food potranno adottare volontariamente la ‘batteria’, ma solo dopo il via libera della Commissione.

“Con il sistema italiano di etichettatura nutrizionale – conclude il comunicato - il Governo si pone l’obiettivo di dare al consumatore un’informazione chiara e sintetica sulla presenza di alcuni nutrienti negli alimenti, utile a collocarli all’interno di una dieta varia e bilanciata, e di valorizzare e tutelare la nostra filiera agroalimentare”.

Tutto bene insomma? Non esattamente perché è già in atto, e da diverso tempo, una disputa sulle indicazioni geografiche. Federalimentare, la maggiore fautrice della nuova etichetta, vorrebbe che le Ig fossero comprese nel perimetro della ‘batteria’, specie per evitare problemi negoziali con altri Paesi europei.

Di avviso diverso è Teresa Bellanova. La titolare del Mipaaft ha fatto sapere che “è un punto fondamentale chiedere che in Europa si escludano queste produzioni da tutti i sistemi volontari. Dobbiamo fare conoscere di più e meglio i marchi Dop, Igp e Stg al consumatore, che ancora troppo spesso non riconosce in quel segno grafico la garanzia di qualità Ue”.