È partito, da domenica 26 agosto, l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del pomodoro per i pelati, i concentrati, le passate, le polpe, i sughi pronti…

La disposizione, contenuta nel decreto interministeriale del 26 febbraio 2018, Gazzetta Ufficiale n. 47, scatta automaticamente, dopo i 120 giorni previsti per l’entrata in vigore, e riguarda tutti i prodotti dove la materia prima supera il 50 per cento.

Vanno ora precisate le aree di coltivazione e trasformazione, ma, quando le lavorazioni si sono svolte fuori dall’Italia, sono previste di indicazioni sommarie come Paesi Ue, Paesi non Ue, o anche Paesi Ue e non Ue.

Per le scorte accumulate non ci sono particolari problemi, visto che si possono vendere fino alla data di scadenza riportata sulla confezione.

Secondo Coldiretti “i prodotti Made in Italy ottenuti con pomodori coltivati e trasformati in Italia saranno finalmente riconoscibili sugli scaffali dalla dicitura ‘Origine del pomodoro: Italia’. Si tratta di un’attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero sono arrivati, nel 2018, il 15% di derivati di pomodoro in più rispetto allo scorso anno, secondo nostre elaborazioni su dati Istat relativi ai primi 5 mesi, che fotografano un’invasione straniera di ben 86 milioni di chilogrammi provenienti nell’ordine da Stati Uniti, Spagna e Cina”.

Molto positivo anche il parere di Unicoop Firenze. “Solo pomodori italiani, certificati dal 2004. È da 14 anni che Coop certifica l'origine italiana delle conserve di pomodoro e dei sughi a marchio, per garantire che la materia prima non venga mescolata, in maniera fraudolenta, con provenienze non dichiarate. La scelta di trasparenza di Coop, i cui prodotti a marchio si trovano nei punti vendita di Unicoop Firenze, precede dunque l’obbligo da poco scattato. A oggi sono presenti sugli scaffali di Unicoop Firenze 26 referenze tra passata di pomodoro, polpa e pelati, provenienti da 7 fornitori con 10 stabilimenti di produzione localizzati in Emilia-Romagna, Toscana e Campania”.

Coop, prosegue la nota “è in grado di garantire su questi prodotti la rintracciabilità fino al campo e che i pomodori vengano coltivati secondo il metodo della produzione integrata, che limita l'utilizzo di pesticidi, garantendone il 70% in meno rispetto a quanto consentito per legge: tant'è che spesso il residuo è zero, cioè sotto il limite di rivelabilità degli strumenti. La rintracciabilità sui prodotti a bacca (pelati, pomodorini, datterini e S. Marzano) è tale da risalire al nome del coltivatore, mentre per passate e sughi si risale al gruppo di coltivatori”.