“Nonostante il giudizio positivo del centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) abbia indicato l‘Italia come un Paese a basso rischio, credo che il nostro dovere sia di tenere i piedi per terra e continuare a investire sulla linea della prudenza. È ancora dura. I prossimi mesi non saranno facili e servirà l’impegno di tutti”: lo ha detto ieri, 24 settembre, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, a latere di un incontro, in videoconferenza, con i dicasteri sanitari di Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Olanda.

E mentre, pure fra mille perplessità - ma qui il criterio della prudenza non vale? -, la scuola di ogni ordine e grado, ha ripreso, atenei a parte, il 68% delle aziende italiane, secondo un sondaggio condotto da Aidp (Associazione direttori del personale) prolungherà lo smart working.

Circa il 30% farà nuovi interventi organizzativi ispirarti ai principi del lavoro agile e il 58% ha intenzione di estendere lo smart working anche nel 2021 mentre, per il 26%, esso finirà tra novembre e dicembre 2020.

Per il 58% dei rispondenti il lavoro da remoto riguarderà una percentuale di addetti compresa fra il 50 e oltre il 90% della forza lavoro.

Per più del 70% delle aziende saranno mediamente utilizzati fra i 2 e i 3 giorni a settimana per le attività di lavoro agile.

Tra i maggiori vantaggi riscontrati: risparmio di tempo e costi di spostamento per i lavoratori (69%); maggiore soddisfazione dei dipendenti e miglioramento della qualità della vita (64%); aumento della responsabilità individuale (46%).

Quello che l’analisi non menziona e su cui si comincia a discute largamente, è invece il notevole risparmio assicurato, dal telelavoro, alle aziende stesse in termini di minori costi. Un lunga inchiesta, un vero dossier, pubblicata da ‘Repubblica’ il 21 settembre parla di 10.000 euro annui a posto.

Per contro, tornando al sondaggio, e vedendo la cosa dal lato dei lavoratori, gli svantaggi maggiormente rilevati e riconosciuti dagli stessi responsabili delle risorse umane, sono la perdita delle relazioni sociali (62%), la mancanza di separazione tra ambiente domestico e lavorativo (32%), il rischio di un sovraccarico lavorativo (21%).

Cresce anche l’altra componente del lavoro a distanza, ossia la formazione in remoto, lo smart learning, indicata da oltre il 17% dei direttori del personale.