Sì è svolta ieri, 20 dicembre, presso il Mise la giornata dedicata alle nuove sfide della contraffazione nazionale e globale. Dagli studi presentati emerge che il falso tocca, nel non alimentare, ben 12,4 miliardi di euro di importazioni, pari al 4% degli ingressi di beni originali. Al primo posto i dispositivi Ict, con un valore stimato, sempre all’import, di 3,3 miliardi di euro di fake.

Questo provoca, per i beni protetti da marchi registrati, mancate vendite per le imprese nazionali del commercio all’ingrosso e al dettaglio di 7,9 miliardi di euro.

Circa il 61% degli italiani acquista consapevolmente beni ‘taroccati’, mentre il danno, per il consumatore in buona fede, ammonta a quasi 8,3 miliardi.

La proporzione di articoli falsi acquistati consapevolmente varia molto in relazione alla merceologia: si va dal 10% dei prodotti chimici per uso medico e farmaceutico al 64% di informatica e telecom.

Il commercio mondiale di falsi che violano i marchi registrati in territorio italiano si attesta, secondo l’Ocse, sui 32 miliardi di euro, pari al 3,6% delle vendite totali del manifatturiero nazionale, con un danno, per le imprese, di 24 miliardi.

Per il Censis nel 2017 il fatturato stimato della contraffazione non alimentare, sul mercato interno, è di 7,2 miliardi di euro, e cresce del 3,4% rispetto al 2015. Al primo posto gli italiani acquistano accessori, abbigliamento e calzature, per un valore di 2,4 miliardi.

Ma il vero iceberg è, secondo Coldiretti, il falso alimentare, dove il cosiddetto ‘italian sounding’ ha superato i 100 miliardi nel mondo, con un aumento record del 70% nel corso di un decennio e un valore quasi triplo rispetto ai 41 miliardi del nostro export agroalimentare.

La contraffazione del vero italiano colpisce in misura diversa tutti i segmenti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi, ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.

In realtà – precisa Coldiretti – a differenza di quanto avviene per altri articoli, come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o più ricchi.

In testa alla classifica dei prodotti più imitati ci sono i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano. Ma esistono ovviamente anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, senza però escludere la mortadella Bologna o il salame cacciatore.