di Luca Salomone

Pasqua con (brutta) sorpresa per gli italiani: se è vero che il primo dei ponti primaverili – seguiranno quello del 25 aprile, che è un martedì, e quello del primo maggio, che è un lunedì – ha visto milioni di nostri connazionali in partenza, è altrettanto vero che la vacanza è molto più salata e questo mette un freno alla voglia di festa.

E molti restano a casa

Secondo il Codacons i rincari hanno spinto 2,5 milioni di persone a restarsene a casa, mentre chi ha deciso di viaggiare finirà per spendere decisamente di più, rispetto allo scorso anno.

Questa fonte rileva che non sono partiti quei 16 milioni ipotizzati dalle stime della prima ora, ma ‘solo’ 11,5 milioni di persone, contro i 14 del 2022.

“Gli ultimi dati Istat ci dicono – scrive l’associazione - che i prezzi dei biglietti aerei per i voli nazionali sono aumentati del 71,5% rispetto al 2022 e quelli internazionali del 59 per cento. I pacchetti vacanza costano il 14,7% in più, mentre dormire in albergo è più caro del 13,3 per cento. Anche le tariffe dei villaggi vacanza lievitano del 7 per cento. Cenare fuori, poi, costa mediamente il 7,3% in più”.

L’inflazione ha modificato le scelte dei vacanzieri: lo scorso anno, in occasione della Pasqua, il 10,5% di coloro che si sono concessi un viaggio ha scelto una destinazione estera, quota crollata, ora, al 4%, mente il 96% ha optato per mete nazionali, in modo da contenere la spesa.

L’esborso pro capite, per tre giorni di ferie tutte italiane, sale comunque dai 474 euro del 2022 ai 521 del 2023, con un aumento del 9,9%, mentre il budget per l’estero tocca 792 euro contro i 708 dello scorso anno, con un rialzo dell’11,9 per cento. Scendono, inoltre, le notti di soggiorno: da una media di 4,7 a una di 3,6.

Cosa è successo ormai lo sanno tutti. Ma la domanda è: come si sta muovendo il mercato?

Tensioni nel carrello

Se è vero che le cosiddette ‘spese obbligate’ continuano a pesare come un macigno sulla contabilità delle famiglie e che il prezzo dei carburanti, proprio in concomitanza delle ferie primaverili si sta nuovamente infiammando, è altrettanto vero che i beni di consumo fanno la loro parte

L’inflazione nel carrello, quella relativa alla spesa quotidiana, corre, anche in marzo su un +12,7 per cento, pure a fronte di un dato generale Nic (Indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività) in discesa dello 0,3% su base mensile e che scala al 7,7% su base annua, contro il 9,1% di febbraio.

Secondo i dati presentati da NielsenIQ a Cibus connecting (29-30 marzo) il sentiment globale resta pesante: il 62% dei consumatori si sente già in recessione, un dato che, in casa nostra, tocca il 70 per cento.

Il 38% della popolazione internazionale e il 43% dei nostri concittadini ritiene di avere disponibilità economiche solo per acquistare lo stretto necessario.

Di conseguenza il primo rimedio, quasi istintivo, è la riduzione dei volumi acquistati, che in Italia hanno registrato un calo tendenziale del 6% nelle prime 4 settimane del 2023, anche se la crisi non impatta nello stesso modo su tutte le nazioni e su tutti i prodotti.

Infatti, anche in una situazione così complessa, alcune categorie di hanno registrato performance migliori nel 2022, rispetto al 2021.

Le categorie vincenti

In Italia, per esempio, è cresciuto – in quantità – il mondo dell’alimentazione sportiva (+46,9%) e le categorie a essa correlate, come gli energy drink (+25,3%) e gli integratori (+9,5%).

Bene anche, sempre anno su anno, per le caramelle (+8,8%), i gelati (+6,2%) e le merendine (3,9%), ossia per tutto ciò che può gratificare

I prodotti di successo, in sintesi, sono quelli che soddisfano due logiche apparentemente opposte, ma ugualmente focalizzate sulla sfera individuale: benessere fisico, per l’alimentare orientato allo sport e alla performance, e benessere psicologico, per il dolciario.

Anche la ricerca di gratificazioni, avverte Nielsen, adotta comunque strategie prudenziali di risparmio. Per esempio, si monitora il costo totale del carrello (34% nel Regno Unito e 37% in Francia), scegliendo soprattutto prodotti a marchio del distributore (29% negli Usa e 42% in Spagna), o acquistando marche in promozione (50% in Italia e 43% in Germania).

Si tratta di azioni non necessariamente legate alla ricerca di articoli di primo prezzo, quanto piuttosto dovute a una forte attenzione verso il miglior rapporto possibile fra qualità e prezzo, per mantenere inalterato il proprio standard. Detto altrimenti: si vogliono acquistare, grazie a una maggiore circospezione, gli stessi volumi, spendendo, più o meno, le stesse somme.