Il commercio al dettaglio, almeno in teoria, dovrebbe essere fra i segmenti risparmiati dalle ricadute del coronavirus. Secondo Nielsen, durante la settimana tra lunedì 17 e domenica 23 febbraio, le vendite della Gdo si sono impennate, rispetto allo stesso periodo del 2019, con una tendenza del +8,34% a valore e a parità di negozi.

Il Nord Ovest traina la crescita, con +11,2% tendenziale. Il Nord Est segue, con un +9,66. Il +6,06% del Sud e il +4,38% del Centro sono valori comunque molto positivi, ma contenuti rispetto alla corsa ai negozi avvenuta nelle Aree 1 e 2.

“Nelle nostre rilevazioni – commenta Romolo de Camillis, retailer service director Italia di Nielsen Connect - si può leggere l’apprensione per l’eventualità di una quarantena, visti i picchi di vendita soprattutto in Nord Italia, ma anche nel resto del Paese. Oltre a fare scorta, gli italiani hanno aumentato l’acquisto di prodotti vitaminici e per l’igiene personale, seguendo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità".

A livello di format distributivi, la crescita è omogenea, mentre diverso è, naturalmente, il dettaglio delle categorie. In particolare, nel corso della nona settimana 2020 – 24 febbraio/1° marzo - gli acquisti sono aumentati in relazione all’effetto di stoccaggio domestico, che ha portato all’aumento a doppia cifra di alcune merceologie della drogheria alimentare a lunga conservazione, quali riso +33%, conserve animali +29, pasta +25, derivati del pomodoro +22, sughi e salse +19. L’effetto “prevenzione e salute”, dal canto suo, ha spinto sul cura persona, e soprattutto sulla componente parafarmaceutica, che ha fatto segnare un +112 per cento.

Molto più blande, si fa per dire, le variazioni dell’igiene personale (+15) e dei prodotti vitaminici che, da inizio gennaio alla metà di febbraio hanno seguito questi andamenti: integratori alimentari +17,1% e frutta fresca/pronta per il consumo, +10,1.

In ogni caso, secondo il presidente di Federdistribuzione, Claudio Gradara, le ragioni di ottimismo, in termini schiettamente econimici, sono ben poche, per non dire inesistenti: “L’impatto del virus e le conseguenti misure, prese dalle autorità nazionali e locali, stanno producendo effetti molto rilevanti sulle imprese della distribuzione moderna – commenta -. Le aziende alimentari hanno dovuto fronteggiare una domanda di beni di prima necessità esplosa con velocità repentina negli ultimi giorni, con crescite fino al 60/70 per cento. Siamo riusciti ad affrontare questa anomala situazione mobilitando tutte le risorse interne, adeguando i processi gestionali e agendo in ambito logistico per velocizzare l’afflusso delle merci nei punti vendita. Il quadro sembra ora rientrare e possiamo assicurare che non ci saranno problemi di disponibilità di prodotti nelle prossime settimane”.

Preoccupa invece molto ciò che sta accadendo nei settori non alimentari (abbigliamento, bricolage, sport, profumerie, mobili e arredamento e altri), dove, continua Gradara, “si stanno registrando, negli ultimi giorni, cali del fatturato del 25-30% a livello nazionale, con punte nelle Regioni più coinvolte, come la Lombardia, che superano il 50 per cento. Aggiungendo a questi effetti, i danni derivanti da una chiusura dei punti vendita non alimentari predisposta dalla Regione Lombardia nei centri commerciali per i due giorni del week end, che rappresentano il 40/50% delle vendite settimanali, il quadro diventerà davvero di crisi, portando le riduzioni dei fatturati al 35-40% su scala nazionale, con picchi, in Lombardia del -70%”.

Le imprese, dunque, stanno frenando gli investimenti - ogni anno pari a 1 miliardo di euro - e agendo con tutte le leve disponibili, compreso quella del personale. “Un quadro gravissimo – conclude Gradara - che avrà ripercussioni anche a livello più generale e su tutte le filiere produttive: è facile prevedere che i già deboli consumi interni subiranno un’ulteriore battuta d’arresto, aprendo, anche per il commercio, scenari allarmanti nel medio periodo”.

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