Vendita sì, vendita no. Ormai è da diversi mesi che se ne parla al punto da essere diventato un vero e proprio tormentone. E’ evidente che una catena distributiva come Esselunga - circa 130 tra supermercati e superstore diffusi nel nord e nel centro Italia e un fatturato alle casse che si colloca ai primi posti della classifica dei retailer nazionali - fa gola a molti. Si è parlato di Coop e, negli ultimi tempi, anche di grandi catene straniere (da Wal Mart a Tesco, fino alle sempre più insistenti voci che indicherebbero come eventuali futuri acquirenti dell’insegna milanese gli spagnoli El Corte Ingles e Mercadona). Ma fino a oggi nulla è successo.

Una cosa è certa. La scorsa estate l’assemblea dei soci di Esselunga ha votato a favore di una scissione che ha portato alla nascita di una nuova società, La Villata S.p.A. Immobiliare. Obiettivo dello scorporo: la separazione delle attività commerciali dalla proprietà immobiliare che ha visto il passaggio di 84 immobili alla nuova impresa. Quasi una sorta di “preparativo” per un “passaggio di testimone”.

I vertici di Esselunga, però, avevano spiegato la scelta sostenendo che “le dimensioni raggiunte e le complessità derivanti dalla coesistenza al suo interno di attività che sono sì tra di loro complementari, ma nell'essenza diverse, hanno reso opportuna la separazione dell'immobiliare dal commerciale”. Un’operazione che consentirebbe dunque “un'identificazione più netta delle strategie e delle logiche di investimento accompagnandosi a una più razionale allocazione delle risorse”.

Di fatto, ancora oggi, Esselunga è sempre nelle mani di Bernardo Caprotti, da sempre alla guida della storica insegna. Il quale, alla fatidica domanda circa il passaggio di Esselunga in altre mani ha risposto a DM: “Non c’è nulla di vero. Si tratta di pure e semplici voci messe in giro dalla concorrenza. Parliamo di cose concrete, piuttosto. Il futuro di Esselunga è un futuro brillante e di crescita. Nel 2006 apriremo quattordici punti vendita, dei quali circa la metà nuovi e il resto costituito da traslochi o ristrutturazioni di supermercati già esistenti. Il tutto, senza mire di sviluppo in altre aree e regioni che non siano quelle dove siamo tradizionalmente presenti”.