Prosegue, anche se più lentamente, la ripresa delle vendite nell’universo extra alimentare: nel 2016 i consumi degli italiani sono cresciuti di un ulteriore 1% sul 2015, raggiungendo 102,5 miliardi di euro. E i segnali positivi sono arrivati dalla quasi totalità dei segmenti che compongono l’universo esaminato.

A rivelarlo è l’edizione 2017 dell’’Osservatorio non food’ di GS1 Italy, condotto in collaborazione con TradeLab, che monitora 13 settori: mobili e arredamento, abbigliamento e calzature, bricolage, cartoleria, edutainment, casalinghi, elettronica di consumo, profumeria, automedicazione, giocattoli, gioielli e orologi, ottica e tessile.

I consumi delle famiglie, come calcolati dall’Istat, valgono oggi 1.024 miliardi e salgono, sempre nel 2016, dell’1,4%, un trend supportato in larga misura dai servizi (+1,5%). Il non alimentare è arrivato, secondo l'Istituto, a 152,8 miliardi, con una variazione dell’1%, in linea con la crescita del grocery (+1,1%).

Grazie alla ripresa degli ultimi anni la quota del non food sul totale della spesa si è stabilizzata intorno al 15%, pur non eguagliando ancora al 17% del 2007.

Pesantemente in negativo, nel quinquennio preso in esame da GS1 Italy, sono soltanto abbigliamento e calzature (-2,3% nel 2016) che tuttavia compongono il maggiore segmento, con circa 25 miliardi di euro, rispetto ai 29 del 2012.

L’elettronica di consumo, secondo mercato per importanza, con 20 miliardi, sale invece del 3,4 sul 2015, una performance superata solo dai giocattoli (+4,7) e dall’educazione-intrattenimento, mercati che tuttavia valgono, a prezzi correnti, soltanto 1,2 e 3,3 miliardi rispettivamente. In positivo, ma con moderazione, l’aggregato mobili e arredamento (+1,1%), i casalinghi (+1) e la cancelleria (+0,9). Crescono invece parecchio, sebbene con ritmi più contenuti rispetto al passato, i prodotti per automedicazione (+3,1 nel 2016 e +6,8% nel 2015) e l’ottica (+2,1 e +4,1 rispettivamente). Procede lentamente il brico che tuttavia è in netta ripresa dal 2012: +0,9 nel 2016, +0,8 nel 2015, ma -5,8 nel 2012 e -2,3 nel 2013. Stesso andamento per la profumeria, che presenta dati negativi meno profondi e performance meno accentuate: +1,8 nel 2016, +3,6 nel 2015, ma -1,3 nel 2012.

L’edizione 2017 dell’Osservatorio, oltre ad analizzare e presentare il bilancio degli ultimi 12 mesi, ha voluto offrire uno sguardo retrospettivo, abbracciando il periodo 2007-2016, che ha fatto segnare una contrazione di circa 10 punti, passando da 114 a 102,5 miliardi di euro. La ripresa con cui si è chiuso il decennio sembra dunque insufficiente per recuperare le cifre iniziali e lascia una notevole incertezza.

«Il consumatore ha definitivamente cambiato il proprio modo di fare acquisti - afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy -. Questo ha avuto un forte impatto sulla domanda non alimentare, sia in termini di valore assoluto che di canalizzazione, e ha innescato reazioni e meccanismi differenti nei singoli comparti».

La digitalizzazione della società, che è ormai, in una certa misura, un fatto acquisito, ha inciso molto sui comportamenti. La scelta del “luogo” distributivo, fisico o digitale, ha fatto nascere nuovi stili e spostato le relative quote di mercato, soprattutto nel non food.

Nella shopping experience rientrano ormai a pieno titolo la comparazione e la valutazione dei prodotti, delle offerte e dei servizi aggiuntivi, fatta tramite i canali online e, sempre più spesso, in mobilità - spiega Samanta Correale, research manager -. Il processo è ancora in divenire e infatti, già oggi, qualcuno parla di ‘no channel era’. In effetti, ormai si può comprare qualsiasi cosa, in ogni momento e con qualsiasi mezzo informatico, dal pc allo smartphone».

Internet non rappresenta, però, solo un fenomeno commerciale, ma anche un canale di comunicazione tra aziende e consumatori, come sottolinea l’analisi sui social network realizzata sempre da GS1 Italy. I dati sono emblematici: nel 2016, ormai, quasi il 90% delle imprese della distribuzione non alimentare gestisce un profilo ufficiale in lingua italiana su Facebook e il 50% è attivo su Twitter.

In un simile contesto corrono le grandi superfici specializzate, che vantano assortimenti più profondi dei vendor telematici, mentre gli ipermercati perdono definitivamente la maggior parte dei reparti non alimentari - fatta eccezione per cura casa e persona – assediati dai grandi specialisti, dai mercatoni e dall’e-commerce.

Nel 2016 la rete dalle Gss ha totalizzato circa 30.000 punti vendita, in crescita del 5,7% sul 2007. Il percorso dei grandi specialisti, nell’arco del decennio è stato molto netto anche guardando alle quote di mercato, ambito nel quale sono state conquistate o rafforzate le posizioni di leadership in buona parte dei settori e, in particolare, nell’abbigliamento e calzature, negli articoli sportivi e nell’elettronica. Più faticoso il presidio di altri mercati, come brico, mobili e ottica, dove la piccola distribuzione specializzata è ancora molto diffusa.

Per approfondire vai sul sito dedicato