di Luca Salomone

Si è detto che, passate le vacanze, con la loro voglia di accantonare mentalmente i gravi problemi che affliggono l’Italia e molte altre nazioni dello scacchiere internazionale, una stagione più che mai difficile si sarebbe abbattuta su di noi, già a partire da settembre. Ma, per fortuna non sarà proprio così, anche perché i carburanti, finalmente in calo, stanno leggermente assottigliando l’inflazione. Lo segnala l’Istat nella sua ultima rilevazione sui prezzi al consumo, quando spiega che in luglio (dati rilasciati il 10 agosto) almeno il valore su base annua è sceso di un decimo di punto (da 8 a 7,9%), grazie a un rallentamento dei listini dei beni energetici (da +48,7 di giugno a +42,9%), specie quelli regolamentati (da +64,3 a +47,9).

I perché del risparmio

Il segnale, molto flebile, è tuttavia potenziato dal “tesoretto” di risparmio accumulato durante la pandemia dalle famiglie, specie in forma liquida, con un’incidenza attuale dei depositi pari al 110% del reddito disponibile, tesoretto che rappresenta una fondamentale garanzia psicologica, la quale, ipotizzando un’inflazione in discesa nel corso del 2023, potrà favorire la tenuta dei consumi, nonostante la perdita del potere di acquisto determinata, anch’essa, da un movimento inflativo che non è mai stato così elevato dalla metà degli anni Ottanta. Un effetto benefico che, però, difficilmente coinvolgerà i lavoratori a basso reddito, in quanto il risparmio aggiuntivo è stato accumulato prevalentemente dalle famiglie con guadagni medio-alti.

È quanto emerge dal rapporto “La liquidità accumulata come riserva per fronteggiare l’inflazione?”, realizzato nell’ambito della collaborazione fra l’area studi di Legacoop e Prometeia.

Lo studio sottolinea come, durante la pandemia, sia aumentata di molto la propensione al risparmio (in parallelo a una riduzione di quella al consumo), avvicinandosi a un raddoppio dei flussi nel 2020, rispetto alle medie degli anni precedenti il Covid (dall’8% del 2019, pari a 93 miliardi, si passa al 15,6%, pari a 175 miliardi) e mantenendo un livello ancora molto elevato nel 2021 (12,4%, pari a 153 miliardi).

Un comportamento determinato non solo dall’impossibilità di fruire di molti beni e servizi a causa delle chiusure, ma anche perché le famiglie, spaventate dall’eccezionalità della situazione, hanno accantonato di più a fini precauzionali, favorite anche da un supporto molto ampio della politica di bilancio a sostegno di imprese, occupazione e persone.

E la tendenza a capitalizzare è proseguita anche nei primi mesi del 2022. Il contesto di incertezza e gli andamenti negativi dei mercati finanziari hanno infatti stimolato un ulteriore accantonamento di liquidità a scopo precauzionale (tra gennaio e maggio il flusso dei depositi si è attestato a 20 miliardi), nonostante l’inevitabile erosione inflativa del valore della ricchezza liquida e a dispetto di una certa tendenza a ritrovare gli stili di vita degli anni fino al 2019.

Poveri sempre più poveri

Lo studio osserva che, dietro al dato aggregato, si nascondono però differenze molto consistenti. Le famiglie appartenenti ai primi decili normalmente non riescono a risparmiare e, comunque, destinano una quota maggiore del reddito a spese obbligate (casa, trasporti, alimentari), senza riuscire a dare spazio a voci come turismo e intrattenimento, proprio quelle più limitate durante un biennio di pandemia.

E sono proprio queste famiglie a subire gli effetti più pesanti di un’inflazione la cui corsa, iniziata nel 2021, è proseguita fino a raggiungere, come detto, l’8% di giugno di quest’anno. La volata della componente energetica ha dato l’impulso più forte, ma in larga parte oramai, per diretta conseguenza, contribuiscono all’erosione anche agli alimentari e parecchi servizi.

Mentre molte imprese riescono a scaricare a valle l’aumento dei costi, le famiglie a salario fisso stanno sperimentando una fortissima decurtazione del loro reddito reale, se si considera che un’inflazione dell’8%, per un anno intero, equivarrebbe alla perdita di una mensilità.

«I rischi sociali di questa fase convulsa sono altissimi - dichiara Mauro Lusetti, presidente di Legacoop -. Già durante la pandemia, dal nostro osservatorio, denunciavamo come l’impatto fosse asimmetrico non solo sulle imprese, ma pure sulle famiglie: da un lato vi era chi forzatamente accumulava risparmi imprevisti, dall’altro lato chi si impoveriva ulteriormente. Ora tutti, comprese le istituzioni, stanno facendo conto sul primo elemento per attraversare questa difficile fase. Ma occorre ricordarsi soprattutto del secondo aspetto, che cela strati di popolazione che, già colpiti più duramente dall’emergenza sanitaria, ora stanno scontando anche una nuova emergenza economica. Dopo le revisioni dei prezzi dei mesi scorsi, ora l’aumento dei costi si sta riversando ulteriormente sui consumi. Nelle condizioni italiane occorrono politiche di protezione sociale eccezionali, perché, anche prendendo per buone le previsioni di un rientro progressivo dell’inflazione, già sappiamo che questo autunno sarà durissimo. Aggiungere, a tale quadro di ansia e fragilità, anche l’instabilità di una fase elettorale è stato un capolavoro di irresponsabilità della politica italiana di cui avremmo certamente voluto fare a meno».

Una grande illusione?

Lo studio evidenzia come in questa circostanza di shock di intensità inattesa, non si può escludere il manifestarsi di fenomeni di “illusione monetaria”, specialmente per chi non è schiacciato dal vincolo del proprio bilancio, contribuendo a spiegare una tenuta della spesa delle famiglie superiore alle attese. Ma ovviamente tale illusione non potrà durare a lungo e il fattore tempo - fino a quando l’inflazione rimarrà così alta - è fondamentale. Purtroppo, le attuali prospettive geopolitiche non autorizzano, oggi, a ritenere possibile un veloce rientro dei prezzi dell’energia e, con essi, dell’inflazione complessiva.

Come reagiranno le famiglie? Lo studio prevede, nei prossimi trimestri, un recupero della propensione al consumo, nel tentativo di mantenere inalterato il tenore di vita, nonostante la caduta non solo del reddito disponibile reale, ma anche del valore di mercato della propria ricchezza. Sarà fondamentale, appunto, il “tesoretto” di risparmi, anche in forma liquida, accumulato durante la pandemia.

Lo studio ipotizza, infatti, che non si avvierà una rincorsa prezzi-salari, e ciò comporta che lo shock “da offerta” che si sta sperimentando in Italia (e in tutta Europa) - il quale implica il trasferimento di reddito all’estero via bolletta energetica, sarà pagato in misura importante dai lavoratori a basso reddito. È dunque importante che le misure fiscali, volte a contrastare tale inflazione, in un contesto di risorse limitate, siano mirate alle fasce più povere e non distribuite a pioggia.