Dato l’altissimo numero di contagiati italiani, quasi 125.000 a oggi, secondo il sito della Jhons Hopkins University, l’impatto della pandemia sul Pil sarà devastante, ma di gran lunga meno invasivo di quel -6,5% stimato da Prometeia per il 2020. Ma, alla fine del contagio è prevista una ripresa. A dirlo è uno studio di Deloitte, che stima il pattern di diffusione del Coronavirus e la ricaduta economica che l’epidemia avrà sul nostro Paese.

Per quanto concerne l’urto finanziario - ottenuto analizzando i relativi dati nazionali e regionali del valore della produzione resi noti dall’Istat nel 2018 e prendendo in considerazione un periodo ipotetico di emergenza che va dall’inizio del contagio (21 febbraio) alla peggiore data prevista per la fine (25 luglio) - le conseguenze, sul prodotto interno lordo, vengono stimate in una flessione del 4,57% per il 2020 pari a 80,65 miliardi di euro. La perdita sarà di oltre 800 milioni di euro per il primo settore (agricoltura e zootecnia), di 13,5 miliardi di euro per il secondo e di 137 per i servizi.

L’analisi è solida, visto che è basata su modelli costruiti a partire da dati di serie storiche fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità e dall’European centre for disease prevention and control, agenzia indipendente dell’Ue con sede a Sona (Svezia) su un periodo di riferimento che va dal 31 dicembre 2019 al 26 marzo 2020.

Sulla base di tre diversi modelli di previsione, che mettono in comparazione l’evolversi della pandemia in Cina e in Italia, lo studio prospetta uno scenario in cui lo stato di allerta non dovrebbe concludersi prima dell’ultima parte di luglio, con una durata di oltre 150 giorni.

Secondo i dati forniti dalle autorità cinesi e riportati dall’Oms viene stabilito al 31 dicembre 2019 l’inizio dell’epidemia: in questa data la Commissione sanitaria municipale di Wuhan (Cina) ha infatti comunicato all’Oms stessa che un gruppo di casi sconosciuti di polmonite si era verificato nella propria città, nella provincia di Hubei.

Per quanto riguarda l’Italia, il cosiddetto "paziente uno” è stato ospedalizzato il 18 febbraio e il 21 febbraio i mezzi di informazione lo hanno riportato come il primo caso di cittadino affetto da Coronavirus. Il seguito, purtroppo, è noto.

Tuttavia, lo studio di Deloitte indica anche che, alla fine del contagio, è prevedibile un periodo di ripresa dell'economia, con un conseguente contraccolpo positivo stimabile fra il 5 e il 10% nei diversi comparti.

Interessante anche un’altra indagine recentissima, condotta da Stocard – la nota app internazionale di gestione delle fidelity card –, che fa invece il punto sulle nuove abitudini dei nostri connazionali in fatto di spesa.

La situazione nei super e ipermercati, fra il 23 e il 29 marzo, è stata confrontata con la settimana del 10-16 febbraio, e dimostra una netta trasformazione dei comportamenti.

Spiega Valeria Santoro, country manager di Stocard Italia: “Fino a un mese fa sarebbe stato impensabile andare al supermercato dopo pranzo, ma, nella settimana analizzata, registriamo picchi giornalieri di acquisto che, fra le 13 e le 16, superano anche del 78% gli acquisti della settimana pre-Covid. A questa evidenza se ne aggiunge un’altra: gli italiani continuano a rifornirsi al mattino, soprattutto la domenica, nelle Regioni in cui la Gdo è aperta. La spesa festiva rimane quindi un’abitudine che non è stata persa nella quarantena, ma che addirittura si è intensificata, con un picco di acquisto tendenziale del 480 per cento per gli orari attuali di apertura”, cioè dopo l’introduzione di limitazioni sulle ore di esercizio.

Se questi trend sono omogenei sul piano nazionale, a livello regionale l’unico dato particolare riguarda il Lazio, in cui le chiusure serali, alle 19, fanno sì che i livelli di acquisto, in quasi tutti gli orari, siano in media più alti.

Differente lo scenario per la domenica, influenzata dalle diverse ordinanze locali. Complice la chiusura di iper e supermercati alle 15, nel Lazio il picco di acquisti è tra le 8 e le 12, molto superiore rispetto alla settimana del 10-16 febbraio.

In Lombardia e nelle altre Regioni senza limitazioni di orari - ma comunque, in seguito, con vincoli autoimposti da quasi tutte le maggiori catene - il picco di spesa è tra le 8 e le 10, con la curva che tende progressivamente ad appiattirsi nella giornata.

In Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Sicilia, Campania, Calabria la Gdo invece osserva la chiusura festiva, sulla base appunto dei dettami degli enti locali.

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