Il Covid 19 sta avendo l’effetto di uno tsunami sul largo consumo non alimentare: la chiusura forzata per il lockdown, combinata con il timore del contagio espresso dagli italiani, con il calo del potere d’acquisto delle famiglie e con la preoccupazione per il futuro, sono i motivi di questa vera débâcle registrata dall’analisi dell’Osservatorio non food 2020 di GS1 Italy, la cui edizione completa sarà pubblicata a settembre.

Da questo documento – che comprende uno studio micro e macroeconomico svolto da REF Ricerche, le previsioni delle vendite per canale e la ricerca sul punto di vista del consumatore, svolte da Metrica/TradeLab - emerge una situazione che avrà un impatto pesante, e soprattutto duraturo, sui consumi non alimentari e sulla relativa rete commerciale.

Il 2020 sarà un anno con vendite molto negative in tutti i 13 comparti merceologici fotografati dall’Osservatorio (con la sola esclusione dei prodotti di automedicazione), e che colpirà soprattutto cancelleria (-32/40%), abbigliamento e calzature (-30/39%), bricolage (-18/25%) ed edutainment (-15/22%).

Per la distribuzione GS1 Italy stima che il calo, considerando l’intero anno, colpirà soprattutto le grandi catene e le superfici specializzate, mentre si assisterà ancora a una forte accelerazione dell’e-commerce, che farà aumentare il numero di comparti non alimentari in cui questo canale supererà il 10% di incidenza.

Per arrivare a delineare tale scenario l’Osservatorio ha analizzato e combinato molti fattori. Il primo è la mancata ripartenza della domanda durante la fase 2. Infatti, tra maggio e giugno, il recupero è stato solo parziale e limitato ad alcuni settori, come arredamento e auto. Altri – come l’abbigliamento e la pelletteria – sono ancora fermi. A complicare la situazione c’è l’attenzione ai prezzi: l’attesa di vederli ridotti si scontra con l’aumento dei costi di produzione, che sta acutizzando la crisi in molti segmenti extra-alimentari.

Alla criticità di maggio/giugno, si aggiungono i pronostici negativi per i mesi a venire, così come emergono dal sondaggio, condotto da Metrica intervistando 1.000 persone, che, nel 2020, hanno comprato prodotti non food.

Se durante il lockdown il 75% ha effettuato almeno un acquisto non alimentare (in particolare libri, articoli per il giardinaggio e il fai da te), per il 90% online, a tre settimane dalla fase 2 solo il 60% degli intervistati era tornato in un negozio fisico.

Entrare di nuovo nei punti vendita è stata soprattutto una necessità, legata a precise esigenze, ma non a curiosità, o bisogno di svago (55% delle risposte). La dinamica sociale e psicologica ha avuto un peso limitato: il 33% aveva voglia di ritrovare la vita di sempre, mentre il 27% ha dichiarato di voler recuperare il piacere dello shopping.

Il 70% dei reticenti ha detto di non essere tornato soprattutto per mancanza di bisogno, ma non va sottovalutata l’attenzione all’aspetto sanitario: il 26% non si sentiva sicuro e il 21% non voleva frequentare posti affollati.

La paura del contagio continuerà a influire in modo importante sia sulla frequenza di visita dei punti vendita, sia sulle scelte dei negozi da visitare, e potrebbe cementare nuovi comportamenti. A rischio appaiono soprattutto i centri commerciali: solo il 29% dei loro frequentatori abituali dichiara di non voler cambiare le proprie abitudini, contro il 68% che prevede di andarci di meno, principalmente per il timore di dover sopportare troppe file dovute ai protocolli di sicurezza.

Se gli italiani sono tiepidi verso i grandi complessi distributivi, sembrano invece molto meglio disposti, rispetto al passato, nei confronti dell’e-commerce: dal 15% al 25% dei soggetti dichiara di voler sostituire gli acquisti nei negozi con quelli su web.

Il lockdown, come tutti sanno, ha messo le ali al commercio elettronico. L’esperienza d’acquisto e stata giudicata più che soddisfacente nel 70-80% dei casi e ha avvicinato nuovi utenti, specie in alcune categorie. Spiccano giardinaggio e ottica, dove circa un terzo di coloro che ha comprato online lo ha fatto per la prima volta fra marzo e maggio 2020.

Dal 60 all’80% di questi neofiti, le percentuali variano a seconda delle categorie, esprime la volontà di continuare ad acquistare articoli sul web anche nella seconda parte del 2020. Estendendo l’arco temporale l’intenzione non cambia e, anzi, l’interesse per il web si sposta anche sull’abbigliamento e calzature, ossia i due settori che generano il maggior fatturato di tutto il non food.

La grande incognita di fondo è la ripresa economica, che condizionerà in modo decisivo l’andamento del non alimentare. Il 45% degli intervistati si è detto abbastanza preoccupato per il futuro e, per questo, intenzionato a comprare solo i beni strettamente necessari, rimandando, o evitando, gli acquisti giudicati superflui. Un 23% è, addirittura, molto preoccupato e, in un caso su tre, preferisce posticipare molte spese al 2021. A pagarne lo scotto saranno per lo più l'arredamento e i grandi elettrodomestici.

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