Il mercato italiano del pet food sale oltre i 2 miliardi di euro, 2.051 per la precisione, e mette a segno un +3,8 in valore e un +2,4% in volume, grazie a una popolazione di circa 60 milioni e 400.000 animali d'affezione, di cui 30 milioni di pesci, poco meno di 13 milioni di uccelli, 7,5 milioni di gatti, 7 milioni di cani e 3 milioni di piccoli mammiferi e rettili.

Così il Rapporto Assalco - Zoomark 2018, compendio annuale sul mondo dei pet, curato dall’Associazione nazionale tra le imprese per l'alimentazione e la cura degli animali da compagnia e da Zoomark International, con il contributo di Centro Studio Sintesi, di Iri Information Resources e dell'Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi).

Il dato in apertura, riferito al segmento cani e gatti - il principale della categoria – conferma un tasso di crescita superiore a quello del largo consumo confezionato, che si è attestato sul +2,3% in valore nel 2017.

Il mercato degli alimenti per gatto rappresenta il 52,7% del fatturato, sviluppando 1.082 milioni di euro. Il cibo per cani, invece, si piazza a 969 milioni.

Se tutte le grandi famiglie di prodotto - umido, secco, snack & treat - si dimostrano in salita, spiccano gli alimenti funzionali e i fuoripasto: spuntini con obiettivi mirati, come l'igiene orale, o a caratterizzazione gastronomica, somministrati come ricompensa, che archiviano un +7% a valore.

Anche nel medio periodo, 2014-2017, il mercato si è sviluppato con un tasso di crescita annuo composto del 3,6%, a valore, e dell’1,6% a volume, dimostrando una vivacità che dura nel tempo.

In flessione, invece, nel 2017, gli alimenti per altri animali da compagnia, che realizzano un incasso in Gdo di poco più di 15 milioni di euro (-6,1%), con una flessione che ripete il segnale dello scorso anno.

Per quanto riguarda gli accessori (prodotti per l'igiene, giochi, guinzagli, cucce, ciotole, gabbie, voliere, acquari, tartarughiere e utensileria varia) si registra, nella Dmo, una stabilità delle vendite in volume e un calo del fatturato del 2%, a 72 milioni di euro.

Anche in questo caso la salute è in prima linea e l’aggregato dei prodotti per igiene - shampoo, spazzole, deodoranti e tutto ciò che ha a che fare con la cura e la bellezza - continua a dimostrarsi in crescita, con un eccezionale +15% (a valore) sul 2016.

Spiega Gianmarco Ferrari, presidente di Assalco: "L’andamento del settore va di pari passo con la sempre maggiore cura e attenzione che gli italiani riservano ai propri pet. In particolare, gli acquirenti riconoscono nel pet food industriale la soluzione più pratica e conveniente per nutrire i propri amici in modo equilibrato, bilanciato e completo, come raccomandano i veterinari. I prodotti sono sicuri, formulati da nutrizionisti esperti e differenziati in base a età, razza e stile di vita e contribuiscono al benessere degli animali d'affezione".

In campo distributivo prosegue il testa a testa fra gli specialisti e i mass merchandiser. Il grocery - ipermercati, supermercati, superette, micromarket inferiori ai 100 mq, e discount - veicolano il 55,9% del fatturato complessivo dei petfood e il 74,4% dei volumi, dati che dimostrano una scala prezzi più contenuta, ma anche una minore profondità e ampiezza degli assortimenti.

In particolare, si legge nel rapporto, “la crescita del grocery continua a essere guidata dai supermercati, che sviluppano il 30,1% del giro d’affari e il 34,2% dei volumi: il superstore, con l’8% dei ricavi, si dimostra, anche in questo caso, capace di unire l’ampiezza di offerta con un minore effetto di dispersione in confronto agli ipermercati”.

In negativo sono le piccole superfici a libero servizio e in lieve flessione si dimostrano i discount, che però totalizzano il 19,6 dei volumi e l’8,1% dei valori.

Ormai da anni varie insegne della Gdo, come Conad, Coop e Finiper, hanno dato il via a proprie catene di petstore. “Si tratta – osserva il rapporto - di punti vendita specializzati, che puntano sull’assortimento ampio, sulla presenza di prodotti premium, sul personale qualificato e sul servizio, come toelettatura e, talvolta, consulenza veterinaria, per contrastare la sempre maggiore competitività delle catene specializzate”.

I grandi specialisti con almeno 7 negozi (408 punti vendita rilevati da Iri su un totale di 611), totalizzano l’8,2% dei volumi e il 12,7% dei valori, per un insieme di 47,1 tonnellate e 260,9 milioni di euro. I tassi di variazione sono a doppia cifra: +17,8% a valore e +17,1% a volume.

I petshop tradizionali, infine, sono 5.013, coprono il 17,3% dei volumi, ma generano il 31,3% dei fatturati, e “si confermano un canale ad alta redditività insieme alle catene specializzate. Il petshop, con poco più della metà dei punti vendita dei soli supermercati (5.013 appunto, contro 8.981) incassa mediamente, su questa categoria, circa il doppio per negozio: 128.169 euro all’anno contro i 68.485 euro dei super. Le catene, con l’assortimento più ampio e profondo, garantiscono, dal canto loro, un fatturato per punto vendita di 5 volte superiore a quello di un petshop tradizionale”.


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